Questa settimana si è visto il teatro dell’assurdo. Dopo giorni di celebrazione estatica del Manifesto di Ventotene – letto da pochissimi, ma elevato al rango di testo sacro nell’adunata organizzata il 15 marzo da Repubblica (che ha ristampato e diffuso questo nuovo vangelo) – Giorgia Meloni, il 19 marzo, in Parlamento ne ha citato due passi (sulla democrazia e sulla proprietà privata) aggiungendo solo una breve frase di dissenso: «Questa non è la mia Europa». Spalancati cielo. È successo di tutto. Proteste scandalizzate, urla, lacrime, seduta sospesa alla Camera, pellegrinaggi a Ventotene, scomuniche isteriche, tuoni, fulmini e saette. La premier è stata accusata di aver profanato qualcosa di sacro, come se avesse bestemmiato in chiesa dall’altare.
Sennonché sabato, sul Fatto Quotidiano, è intervenuta la figlia di Altiero Spinelli, Barbara, autorevole giornalista e acuta commentatrice (che peraltro ha idee lontane da quelle della Meloni), la quale ha scritto testualmente: «Meloni cita passaggi sconfessati da Spinelli fin dal 1943». Verrebbe da dire: fine della discussione. Infatti, se lo stesso autore di quel Manifesto, a due soli anni di distanza, ha sconfessato quei concetti, Giorgia Meloni può ben esprimere oggi il suo disaccordo con essi. O no? La Sinistra vuole scomunicare anche Spinelli in nome di Spinelli? Tutta la polemica sta qui, nelle totale mancanza di laicità di una Sinistra che – orfana del dogmatismo marxista – deve trovare nuovi testi sacri da mitizzare. Eppure, con gli anni, lo stesso Spinelli ha fatto altre riflessioni critiche su quel testo giovanile. In un’intervista di molti anni fa con Carlo Romeo (si può trovare nell’archivio di Radio Radicale), egli, con franchezza e libertà di spirito, ricordava come nacque il Manifesto scritto con Ernesto Rossi, e premetteva tranquillamente che «ci sono parecchie cose che sono sbagliate». Poi faceva pure diversi esempi, come gli errori di valutazione della situazione storica e di ciò che sarebbe accaduto (fra l’altro riconosceva che non avevano capito per nulla il vero ruolo della Chiesa, nello scontro bellico fra le nazioni, né la forza che il mondo cattolico avrebbe sprigionato nel dopoguerra).
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Se dunque lo stesso Spinelli ha tranquillamente criticato certe idee di quel documento si potrà pure ragionarne con spirito laico, o no? La reazione isterica della Sinistra dice di no. Così l’intervento della Meloni ha fatto cadere la maschera all’opposizione e ha evidenziato di che natura è il suo proclamato “europeismo”: è una nuova religione che rischia di diventare fanatismo. Ritenere indiscutibile e intoccabile un Manifesto che l’autore stesso ha rivisto criticamente e laicamente, significa attribuirgli un valore sacrale che non ha. Ma perché hanno trasformato l’europeismo in una nuova religione, spesso in un’idolatria che non ammette dissenso, inventandosi la sacralità di testi che non sono la Bibbia e che contengono diverse cose discutibili e che in sostanza hanno avuto poco a che fare con la successiva nascita, nel 1957, della Comunità economica europea? Perché, ripeto, orfani del dogmatismo marxista (in nome del quale, fra l’altro Spinelli nel 1937 fu espulso dal Pci) cercano o s’inventano nuove ortodossie politico-religiose, sempre con un’attitudine ideologica dottrinaria che esclude l’approccio critico e laico a temi politici come l’europeismo. La sacralizzazione del Manifesto di Ventotene serve alla Sinistra anche per dare al processo di unità europea un’origine diversa da quella che in realtà ha avuto e che loro non vogliono riconoscere.
Infatti tale unità, come ha spiegato molte volte Lucio Caracciolo (anche su Repubblica: «Nata all’ombra della Nato quale braccio economico del sistema euroatlantico promosso dagli Stati Uniti»), fu voluta dagli americani in funzione anticomunista, contro il blocco sovietico. Come la Nato. Questa è l’origine vera della CEE, non certo il Manifesto di Ventotene. E l’Unione Europea è nata nel 1992, dopo il crollo dei regimi dell’Est, per cercare di arginare la potenza di una Germania appena riunificata, ottenendo invece l’effetto esattamente opposto (come spiega dettagliatamente Sergio Giraldo nel suo “L’Impero minore”). Ma la Sinistra non lo ha capito. Fra l’altro quell’uso sacrale del Manifesto di Ventotene serve alla Sinistra anche per fingere di essere sempre stata europeista e per far dimenticare di esserne stata invece una dura avversaria. Ricordo ancora una volta le parole di Togliatti: «Tutte queste chiacchiere sull'unità dell'Europa, sul “federalismo europeo”, dobbiamo dunque saperle smascherare a dovere, mostrare a tutti che si tratta di un ciarpame vergognoso, col quale si copre la rinascita del militarismo tedesco e del militarismo italiano e la costituzione di un blocco di forze aggressive al servizio dell'imperialismo americano». Questa è la storia. Ma la Sinistra non ha memoria storica, s’inventa sue mitologie che esalta con una retorica pomposa, pretende di avere una superiorità culturale sugli altri (di cui è lecito dubitare) e si accoda acriticamente alle politiche di Germania e Francia (chiamandole «Europa») per ricevere da lì una legittimazione che gli elettori italiani le negano. Senza accorgersi che quelle politiche sono funzionali ai loro interessi nazionali. Una costola di questa Sinistra è rappresentata da quella parte di mondo cattolico che si accoda alla sua retorica e alla sua mitologia. Lo si è notato anche stavolta. Su Avvenire, pur di attaccare la Meloni, è stato scritto che la premier avrebbe dovuto contestualizzare e ben interpretare quei passi del Manifesto di Ventotene come si fa con certi passi del Vangelo che possono essere male interpretati. Il Vangelo di Ventotene?