Ventotene, i "100 Fantozzi del Pd": la corsa disperata per tornare a casa

di Alessandro Gonzatodomenica 23 marzo 2025
Ventotene, i "100 Fantozzi del Pd": la corsa disperata per tornare a casa
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Di fianco alla nave del Pd c’è il Circo Orfei, allestito al porto di Formia, in provincia di Latina. Il tendone giallo a più punte buca il cielo plumbeo. Iniziamo dal principio. In ogni agglomerato umano, diceva Fantozzi, c’è sempre la figura funesta dell’organizzatore di manifestazioni ricreative: nella Megaditta dello sfigatissimo ragioniere era Fili ni, dell’Ufficio Sinistri. Nel Pd stavolta l’organizzazione è toccata a Roberto Morassut, deputato romano onorevole da 17 anni, un fulgido inizio nella Federazione Giovanile dei Comunisti per poi scalare a due a due la scala gerarchica fino al sottosegretariato alla Tutela del Mare, e alla vetta ancor più alta di pasdaran della “mozione Schlein” che per un tragicomico scherzo del destino (di Bonaccini) ha portato Elly a capo del Partito democratico.

L’organizzazione Morassut è formidabile: sabato 22 marzo anno del Signore 2025, ore 9 ritrovo al porto di Formia; 9.15, puntualissimi, partenza col traghetto per l’isola di Ventotene, il vecchio confino; ore 12: flash mob, inteso come evento rapido, fulmineo, sulla tomba di Altiero Spinelli autore con altri del celeberrimo Manifesto; poi comizio in piazza di fronte al municipio, «in difesa dei valori europei», dove il valore principale è stato l’attacco al presidente del Consiglio che dal Manifesto ha preso le distanze, come peraltro anni dopo lo stesso Spinelli, ma non ditelo agli astanti. Invero si farebbe presto – facciamo un salto avanti di qualche ora – dato che a manifestare in piazza ci saranno sì e no cento persone.

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NUVOLONE

Riprendiamo dal porto. Le previsioni meteo non buttano bene: «Mari generalmente molto mossi con moto ondoso, venti tesi da Sud, in rotazione dai quadranti meridionali». Dal Sahara, implacabile come il nuvolone degli impiegati, la tempesta di sabbia. Gira vorticosamente la voce che il baffone di Sandro Ruotolo stia arrivando vestito da Lawrence d’Arabia, ma è la disinformatia russa. D’altronde non c’è nemmeno la sua Elly.

Si presenta invece il braccio sinistro Giuseppe Luciano Calogero Provenzano detto Peppe, tra i barellieri in parlamento del compagno Fornaro, grande e grosso ma scoppiato in lacrime, distrutto dopo l’intervento della premier rea di non apprezzare la soppressione della proprietà privata né la rivoluzione socialista, due dei dogmi del Manifesto: «Vergogna presidente, si inginocchi!».

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Hanno marcato visita quasi tutti, perfino lui, il protagonista dell’ultimo irresistibile spettacolo alla Camera. Eperò c’è chi tenta di tenere alto il morale delle truppe: «La premier ha dato forfait» scherza il sindaco di Anzio. C’è poco da ridere. O meglio, dipende dai punti di vista.

Comunque: ciurma antifascista, tutti a bordo, si salpa, argh! Oltre a Provenzano c’è l’ammiraglio europarlamentare Nicola Zingaretti, ex governatore del Lazio e già al timone del Nazareno. Zinga è arrivato fradicio perché appena è sceso dall’auto si è scatenata la grandine, due minuti di panico. Boia!

L’ideologia, bagnata, si ammoscia. Pioggia e fango, a Waterloo, sono costati la disfatta perfino a Napoleone, e qui a capo c’è il mite Morassut. La grandine è il presagio funesto di una missione dimenticabile. Il cielo poi migliora. La missione no. Sul ponte il renziano Luciano Nobili rilascia interviste a profusione. Vicino a lui c’è un militante di sinistra che per l’acconciatura somiglia a Jack Sparrow, sennonché sventola la bandiera dell’Europa e non quella col teschio. Peraltro se vuole fare il del Pirata dei Caraibi deve buttare giù qualche chilo.

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C’è pure uno identico a Fratoianni ma non è Fratoianni, assente come il sodale Bonelli di cui però non ci sono sosia, almeno sul traghetto. Sotto coperta intanto il Morassut lima i dettagli. Due ore di onde più tardi, e dopo che qualcuno ha dato di stomaco («Ahó, al ritorno damme la pastiglia!»), ecco lo storico sbarco a Ventotene: non lo racconteranno a figli e nipoti.

L’isola ha 700 abitanti ma fino a Pasqua è vuota. Sono aperti un forno e un tabaccaio che col caldo vende souvenir. Scesi dalla nave la processione si arrampica sul promontorio verso il cimitero dove riposa il padre del Manifesto. Nella breve cordata troviamo l’ex ministro Madia, qualche seconda linea di Avs e di +Europa. Gli organizzatori cercano di compattare i partecipanti, ma da compattare c’è poco.

Il pensiero è un altro: «Oh, ma quando si mangia?», dà di gomito un signore con la spilla del partito di Riccardo Magi. A due passi c’è la Terrazza di Mimì, una bomboniera a strapiombo sul Tirreno. Molti dei pochi politici arrivati al confino, compresi gli assistenti, ci si fiondano.

La Resistenza prende posto, si attovaglia, ma il nemico incombe. Stanno sbarcando le camicie nere? Macché, il nemico è l’orologio: l’ultimo e unico traghetto per Formia riparte alle 15. Chi lo perde dorme sull’isola: Morassut è stato chiaro. D’accordo, ma il richiamo dello spago echeggia nel ventre.

TENSIONE

Sale la tensione, gli antifascisti si spaccano. Che succede? L’altra metà prende la strada delle pizzette. Siamo alla scissione, dell’atomo s’intende. L’apripista è Provenzano il quale terminato il desertico comizio chiede a un carabiniere: «Vero che è aperto il panificio?». Il carabiniere annuisce. Il dem sembra padroneggiare l’isola, forse c’è stato in vacanza.

All’imbarco per il ritorno qualcuno della comitiva fa la conta: vuoi mai che un compagno si sia perso per le stradine di Ventotene, o in un fritto misto innaffiato da un Aglianico, che è più campano che laziale ma qui va che è una meraviglia. Qualcuno si attarda ma riesce ad acciuffare il traghetto all’ultimo.

Fiu, si riparte. I pirati anti-fascisti hanno riportato a casa la pellaccia. Dal circo, tornati a terra, arrivano le musiche dei Blues Brothers. Everybody, needs somebody/ Everybody, needs somebody to love...