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Ucraina, mentre si cerca una pace i giornali anti-Meloni sono innamorati della guerra

Annalisa Terranova
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La situazione politica in Italia è grave ma non è seria, direbbe Ennio Flaiano. Mentre infatti si tratta per far finire una guerra alle porte dell’Europa che dura da tre anni il nostro Parlamento ha offerto l’indecoroso spettacolo di lacrime e isterismi vari per la citazione del manifesto di Ventotene. Cui sono seguiti i consueti strombazzamenti antimeloniani da parte dei giornali più schierati a sinistra. Prendiamo il Manifesto, dove Davide Conti accusa il «turpiloquio missino» della premier che avrebbe disconosciuto la genesi dell’Europa unita. Ma davvero? E allora sarà bene chiarire le idee a questi improvvisati alfieri dell’europeismo. Nel 1957, anno dei Trattati di Roma che danno vita alla comunità economica europea, nel Parlamento italiano votano contro quei patti sia il Pci che i socialisti. Votano a favore il Msi e persino i monarchici. Dunque la sinistra può rivendicare un manifesto con evidenti forzature giacobine ma non può rivendicare un’anima europeista o almeno non nel 1957. Infatti l’eurocomunismo di Berlinguer è databile al 1975. Chiaro?

E veniamo poi a un altro commento intriso di antifascistico furore. Quello di Emiliano Fittipaldi sul quotidiano di De Benedetti Domani. Già l’attacco dimostra scarsa lucidità: «Nell’ora più buia dell’Europa, schiacciata tra il regime criminale di Vladimir Putin e le minacce degli Stati Uniti di Donald Trump...». Ma come? L’ora più buia sarebbe quella in cui si sta decidendo di far tacere le armi? Allora ditelo che siete solo dei guerrafondai... ma andiamo avanti. Fittipaldi scrive che il manifesto di Ventotene ha contribuito a dare pace e prosperità all’Europa dopo la devastazione causata dal “nazionalismo fascista e nazista”. Si noti l’uso del sostantivo nazionalismo, fucina di ogni male e di ogni tragedia (lo ha detto pure Benigni su Rai1, Telemeloni per intenderci...). Ah sì? E l’Italia unita da dove nasce se non da idee nazionaliste? E l’Europa senza le singole storie nazionali degli Stati che la compongono che povera idea sarebbe? Non sarebbe solo pura utopia, pura astrazione, un mero slogan cervellotico?

 

 

 

Ma poi Fittipaldi si supera: «Meloni, l’erede di quella tradizione che si sperava costretta per sempre nelle fogne della storia ha dichiarato che quella di Ventotene “non è la mia Europa”. Mani in tasca, tono da me-ne-frego...». Le fogne sono il puzzolente rifugio retorico degli spiriti imbelli che non hanno il coraggio di dirla tutta e cioè di rilanciare l’infame slogan “fascisti carogne tornate nelle fogne” con cui gli antifascisti militanti aggredivano i nemici politici a colpi di chiave inglese. Gli indignati alla Fittipaldi dimenticano inoltre che gli unici cortei giovanili per l’Europa unita, divisa dal vergognoso Muro di Berlino, li facevano i ragazzi missini mentre gli altri, anziché abbeverarsi al manifesto di Ventotene avevano come livre de chevet il Manifesto di Marx e Engels quando non il libretto rosso di Mao, l’assassino cui un tempo si inginocchiavano i giovani virgulti amanti della rivoluzione socialista.

 

 

 

L’Europa dunque c’è chi l’ha avuta sempre nel cuore e chi la scopre solo ora perché l’inquilino della Casa Bianca gli sta sulle scatole. Ma la cosa peggiore che abbiamo letto e sentito è un’altra: e cioè che quelli di destra sarebbero liberi di parlare, di pensare, di essere eletti perché ci sono state le lotte degli antifascisti come Rossi e Spinelli. Quelli del manifesto di Ventotene. E no: se dovessimo seguire questo ragionamento alla lettera il ringraziamento deve andare a quanti nel ’48 hanno preferito la Dc al Fronte popolare, non a caso foraggiato dall’Unione sovietica che voleva fare dell’Italia una colonia dell’Urss. Quasi 13 milioni di italiani – anche grazie alla campagna di personaggi come Montanelli, Longanesi e Guareschi si espressero contro un destino rosso per l’Italia (il Msi ottenne a sua volta mezzo milione di voti). Questi li vogliamo ringraziare o no?

 

 

 

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