L'Espresso si inventa lo scoop su Almasri: ombre e fango sui servizi segreti

di Tommaso Montesanogiovedì 20 marzo 2025
L'Espresso si inventa lo scoop su Almasri: ombre e fango sui servizi segreti
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Il titolo è accattivante, promette chissà quali rivelazioni: «Vi dico tutto su Almasri e i nostri 007». L’Espresso torna alla carica sul caso dell’ufficiale libico espulso dall’Italia il 21 gennaio scorso affidandosi a «una serie di lettere spedite dal carcere di Bologna» al settimanale da Giulio Lolli, un ex imprenditore ora detenuto - ancorché «modello» - nel carcere di Modena.

Lolli, infatti, e questo L’Espresso non può celarlo, «sta scontando condanne per associazione per delinquere, traffico d’armi e bancarotta», anche se nel 2023, si preoccupano di segnalare gli autori dell’articolo Gaetano De Monte e Sara Giudice, «è stato assolto dall’accusa di terrorismo internazionale». Poco male: per il periodico diretto dal 31 maggio 2024 da Emilio Carelli, Lolli è l’“ariete” grazie al quale provare a gettare discredito sugli apparati di sicurezza italiani.

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FANGO SUGLI 007

Scrive L’Espresso, citando il “memoriale” di Lolli: «Nel carcere salafita di Mitiga sono stato interrogato, ammanettato e bendato, anche per 14 ore consecutive al giorno, mentre alti ufficiali libici mi chiedevano informazioni su cosa sapessi circa gli accordi tra la milizia Al Rada e agenti segreti italiani, tra l’Aise (l’intelligence per la sicurezza esterna, ndr) e le forze del generale Haftar.

Ai giudici della Corte penale (l’istituto che ha spiccato il mandato di arresto internazionale nei confronti di Almasri, ndr) ho riferito di pagamenti e di accordi tra agenti Aise e miliziani, alcuni dei quali legati all’Isis». Peccato che a questa rivelazione non segua alcuna “pezza di appoggio” se non, appunto, la parola di Lolli. Ma chi è Lolli? Ecco, il punto è che L’Espresso pur di tenere viva la «bufera sul governo Meloni» in relazione al “caso Almasri”, si appoggia a un ex imprenditore nautico fuggito dall’Italia nel 2010 «per sottrarsi alle conseguenze del crac della sua società», la Rimini Yacht. In Libia, Lolli inizia a finanziare le milizie anti-Gheddafi e a usare le sue due imbarcazioni, la Mephisto e la Leon, per il traffico di armi (le barche saranno sequestrate nel 2016 dalla missione EunavForMed, l’operazione militare navale dell’Ue). Il settimanale dipinge Lolli come una sorta di «eroe nazionale» libico al servizio delle Fssm, le Forze speciali di sicurezza e supporto alla Marina locale. Questo fino al 2017, quando l’ex imprenditore «finisce additato come terrorista e arrestato» dopo la firma del memorandum d’intesa tra Italia e Libia dello stesso anno.

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Ma tra il contestato - da sinistra accordo sui migranti tra Roma (governo Gentiloni) e Tripoli del 2 febbraio 2017 e il successivo fermo di Lolli il settimanale non riesce a fornire alcun collegamento. Non solo: l’articolo non menziona il fatto che l’imprenditore nautico prima di essere estradato in Italia aveva scontato due annidi carcere in Libia dopo essere stato condannato all’ergastolo per terrorismo (sotto accusa, i suoi presunti legami con una formazione jihadista legata ad Al Qaeda).

A SENSO UNICO

Quanto alla giustizia italiana, Lolli è stato condannato per i reati di associazione a delinquere, truffa e reati fiscali relativi al fallimento della sua società e la Corte di Cassazione ha confermato a carico dell’ex imprenditore le pene per i delitti più gravi, assolvendolo nel 2023 dall’accusa di terrorismo per insufficienza di prove. Insomma, un profilo non proprio ideale per montare una polemica contro il governo in nome della sua testimonianza sui rapporti tra «Almasri e i nostri 007». Non a caso nell’articolo sono riportate unicamente le dichiarazioni di Claudia Serafini, l’avvocato di Lolli.