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Ernesto Galli Della Loggia, perché il manifesto di Ventotene è una boiata pazzesca

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Le parole di Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene, pronunciate ieri - mercoledì 19 marzo - in occasione del suo intervento alla Camera in vista del prossimo Consiglio europeo, hanno letteralmente fatto impazzire le opposizioni. E il deputato dem Federico Fornaro ne è un chiaro esempio. Il piddino ha prima sbraitato contro il presidente del Consiglio chiedendole di inginocchiarsi di fronte ai "padri dell'Europa". Poi ha sbattuto i pugni contro il suo banco, come Nikita Kruscev fece con la sua scarpa in un celebre discorso. E, infine, quel pianto che ha tutto il sapore di una resa dell'opposione di sinistra. Il Foglio, nel quotidiano di oggi, ha pubblicato un estratto del libro di Ernesto Galli Della Loggia incentrato proprio sul testo sacro di Ventotene. E le conclusioni a cui è arrivato l'editorialista del Corriere della Sera sono piuttosto nette. Notevole anche il titolo scelto dal Foglio per rilanciare l'estratto: "Perché il Manifesto di Ventotene è una boiata pazzesca".

In sintesi, politici, banchieri ed economisti - soprattutto quelli italiani - sembrano non aver letto il Manifesto di Ventotene. Come ricorda il giornalista, il testo è stato scritto in un periodo molto particolare della nostra storia. Siamo nel 1941, in piena epoca dei totalitarismi. E gli stessi artefici del documento sono antifascisti confinati nell'isola tirrenica dal regime di Benito Mussolini. Secondo loro, lo stato liberale ha fallito e, per questo motivo, non ha più futuro. L'unica soluzione? "La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”. Ma le fondamenta di questo nuovo ordine non potranno essere affidate al popolo. Non c'è dunque da preoccuparsi di una "preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare”. Stando a quanto sostiene Della Loggia, "Il Manifesto propone è una rivoluzione dall’alto di tipo giacobino-leninista che non stia a curarsi troppo di che cosa pensa il popolo".

 

 

Da qui, lo stupore dell'editorialista del Corriere. "È abbastanza sorprendente - spiega - che schiere di esponenti politici, presidenti del Consiglio, vertici della Banca d’Italia, giornalisti di grido – i quali oggi si batterebbero come leoni perché neppure un decimo dei propositi suddetti si realizzasse nei propri paesi, e che quasi sempre sono autori di una costruzione europea realizzata su basi del tutto opposte – è abbastanza sorprendente, dicevo, che a scadenza fissa persone di tal genere ostentino invece una devozione encomiasticocelebrativa di maniera verso i propositi giacobini di Spinelli, Rossi e Colorni, elevati a Magna Charta del federalismo continentale".

 

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