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Opposizione a pezzi sulla politica estera: cinque risoluzioni

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Elisa Calessi
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Cinque risoluzioni, di cui una (quella del Pd) che evita una spaccatura ulteriore al suo interno. Nessuna approvata e nemmeno votata, perché, da regolamento del Senato, una volta approvata quella della maggioranza (una sola, nonostante le posizioni differenti dei partiti del centrodestra), le altre sono decadute. Resta, però, agli atti del Senato e nelle parole del dibattito che si è svolto sulle comunicazioni della presidente del Consiglio, la fotografia di un’opposizione che, sui temi del Consiglio europeo, ha presentato cinque posizioni diverse. La più attesa era quella del Pd, che da due giorni ha lavorato su un testo che evitasse una spaccatura tra riformisti e fedelissimi della segretaria. Il risultato è un testo che, sostanzialmente, fa sua la posizione di Elly Schlein: sì alla difesa comune, no a questo piano di riarmo. La segretaria ha ottenuto che, nel testo, si parli della necessità di un «un cambiamento radicale» per quanto riguarda il ReArm Plan.

«All’Ue serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati», si legge nel testo del Pd. Ai riformisti si concede che il piano presentato da Ursula von der Leyen è «l’avvio di un percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune», ma, si aggiunge subito, «serve un cambiamento radicale del modo in cui agiamo e investiamo nella nostra sicurezza e difesa». Un giudizio negativo approfondito nel punto successivo, dove si dice che il piano ReArmEU «va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato». Per il resto, rispetto all’Ucraina, si conferma la linea fin qui tenuta: sostegno a Kiev. Molto diverso il testo del M5S che parla, a proposito del piano approvato a Strasburgo, di «militarizzazione dell’Ue», che impegna il governo «a interrompere immediatamente la fornitura di materiali d’armamento alle autorità governative ucraine» e che chiede al governo di esprimere «ferma contrarietà al piano di riarmo europeo», a censurare «l’adozione di strumenti volti ad un aumento esponenziale della spesa per la sicurezza e la difesa dell’Europa» e «a sostituire integralmente il piano di riarmo europeo con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Ue».

Simile, ma ancora diversa, la risoluzione di Avs, che chiede di «respingere il piano ReArm Europeo», di «non fare ricorso alle eventuali deroghe alle norme sulla governance economica europea per l’acquisto di armamenti» e di «interrompere» l’invio di armi in Ucraina. Il testo di Azione copia, pari pari, i testi approvati dal Parlamento Ue, sia per quanto riguarda il sostegno (militare, economico, umanitario) a Kiev, sia per quanto riguarda il piano di riarmo di Von der Leyen. Quello di Italia Viva, diverso sia rispetto a quello di Azione, sia a quello del Pd, invita a «sollecitare la revisione dei trattati istitutivi al fine di avviare quanto prima il percorso di costituzione dell’esercito unico europeo, quale elemento indispensabile per la definizione di una strategia europea nello scenario globale, da accompagnare a una politica estera e diplomatica comune»; chiede, poi, di «farsi promotore del rafforzamento della bussola strategica e di un programma industriale condiviso volto a rafforzare la capacità di difesa, da finanziare con risorse comuni e con l’emissione eurobond, al fine di scongiurare il pericolo di aggravare l’esposizione dei debiti sovrani». Il dibattito ha cristallizzato, con più colore, queste differenze. Se Pierferdinando Casini, per il Pd, ha ricordato che «le democrazie si armano per difendersi», citando quanto accadde dopo la Seconda Guerra Mondiale, con la creazione di una alleanza (la Nato) che garantì 80 anni di pace, Ettore Licheri, per il M5S, ha attaccato Meloni, accusandola di «spaventare gli italiani» dicendo loro «che verranno i cosacchi». L’Europa del M5S, ha detto, è quella del Next Generation Ue, mentre la «sua Europa ci porterà dentro una economia di guerra». Scintille durante l’intervento di Matteo Renzi, che ha posto cinque quesiti a Meloni su economia, immigrazione, caso Paragon, intelligenza artificiale e dazi. Il piano di riarmo, ha detto Peppe De Cristofaro, Avs, «allontana la pace e avvicina la guerra», mentre Carlo Calenda, a difesa del piano per aumentare le spese della difesa, ha chiesto a Meloni di «scegliere tra Ucraina, Ue e Trump».

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