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Meloni va in Parlamento per parlare di difesa e Ue: il centrodestra si compatta

Fausto Carioti
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Non sarà il centrodestra a dividersi domani e dopodomani, in parlamento, sulla politica estera e militare e sul modo in cui aiutare l’Ucraina. Lo faranno ancora una volta le opposizioni. Alcune delle quali – vedi Azione di Carlo Calenda – avrebbero ottimi motivi per votare insieme alla maggioranza in favore della linea che sarà esposta in aula da Giorgia Meloni. Questa, almeno, è la convinzione nella coalizione di governo, alla vigilia di una settimana che potrebbe essere decisiva per l’esito del conflitto tra Mosca e Kiev, se davvero Donald Trump e Vladimir Putin discutessero dell’ipotesi di tregua. La presidente del consiglio italiana si prepara ad andare mercoledì sera a Bruxelles, per partecipare il giorno successivo alla riunione dei ventisette leader Ue. Domani sarà quindi in Senato, per tenere le comunicazioni in vista del vertice europeo, e mercoledì replicherà alla Camera dei deputati, prima del pranzo “tradizionale” al Quirinale, in cui si confronterà con Sergio Mattarella. E in parlamento si voteranno le risoluzioni della maggioranza e delle opposizioni su ciò che la premier avrà detto. A sinistra contano di cogliere l’occasione per fare esplodere le differenze tra i partiti del centrodestra viste mercoledì nell’aula di Strasburgo. In realtà, spiega chi segue la pratica per conto della premier, ci sono tutti i presupposti affinché l’esito sia opposto.

NIENTE «RIARMO»
A palazzo Chigi è stata molto apprezzata la lettera d’invito che Meloni e gli altri leader hanno ricevuto venerdì, firmata dal presidente del Consiglio Ue, il socialista portoghese António Costa. In quelle due pagine si legge che «il punto centrale all’ordine del giorno» della riunione «sarà la competitività», perché «un’Unione più competitiva sarà un’Unione più forte, maggiormente in grado di proteggere i suoi cittadini, i suoi interessi e i suoi valori sulla scena mondiale». Manca una parola, qui e nel resto della lettera, ed è proprio la parola che Meloni non vuole sentire, perché la reputa sbagliatissima: «riarmo». Quella che invece ha scelto Ursula von der Leyen ribattezzando il suo piano «ReArm Europe». L’approccio di Costa, insomma, è lo stesso della premier: giusto parlare di difesa, ma come concetto a tutto tondo, fatto non solo di armi e munizioni. E poi c’è il resto. A Bruxelles si parlerà di Ucraina con Volodymyr Zelensky, come è abitudine. Ma pure dei «piani d’azione per i settori automobilistico, siderurgico e metallurgico», di Medio Oriente, del prossimo quadro finanziario pluriennale, di migrazione e rimpatri (l’argomento che più interessa al governo italiano), della terza conferenza Onu sugli oceani e della quarta conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo. Tutto questo in una sessione che Costa vorrebbe contenere in un’unica giornata. In altre parole non c’è il tempo – né la volontà - di prendere decisioni in materia militare, e questo si sposa molto bene con la cautela di Meloni. Che davanti agli altri leader, e prima ancora alle Camere, ribadirà ciò che ha detto nella videoconferenza organizzata dall’inglese Keir Starmer: non è prevista la partecipazione italiana a una eventuale forza militare sul terreno ucraino. Ribadirà il sostegno italiano a Kiev e la necessità di fare di tutto per mantenere forte il rapporto con gli Stati Uniti e di allinearsi alle trattative che Trump sta facendo con Putin e Zelensky. Ed è probabile che si esprima in favore di una difesa comune europea: da intendersi, appunto, come strategia che riguarda molti fattori, inclusa la protezione del fianco meridionale della Ue, e non come quantità di armamenti da comprare. E illustrerà la linea italiana su tutti i punti che saranno discussi.

COLLOQUIO TRA ALLEATI
Si confronterà prima con Matteo Salvini e Antonio Tajani, e dentro Fdi sono convinti che l’intesa con gli alleati sia a portata di mano. «La Lega non ci darà problemi, nemmeno sulla difesa comune, anche perché non c’è alcuna intenzione di togliere soldi alla spesa sociale», spiegano. Non solo. La risoluzione con cui la maggioranza approverà le comunicazioni della premier, assicurano, «sarà votabile anche da una parte dell’opposizione, quella più vicina al centro e attenta al legame atlantico». Non Matteo Renzi e i suoi, visto l’atteggiamento ostile dell’ex sindaco nei confronti di Meloni. Ma un’attenzione particolare da parte di Calenda, chi sta limando le bozze della risoluzione di maggioranza se l’aspetta. È lì, nell’opposizione, che infatti dovrebbero esplodere le divergenze. Da un lato quelli di Azione, dall’altro i Cinque Stelle di Giuseppe Conte e i rossoverdi di Bonelli & Fratoianni, che preparano risoluzioni di stampo pacifista per marcare le distanze dal Pd, il partito che è uscito spaccato in due dalla votazione di Strasburgo. Mentre la maggioranza torna a parlare una sola lingua, il progetto «testardamente unitario» di Elly Schlein rischia la seconda umiliazione in una settimana.

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