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Guerra, pace, dazi: un piano per l'Italia

di Mario Sechi giovedì 13 marzo 2025

2' di lettura

Siamo usciti dalla Guerra Fredda e siamo entrati nella «Terza guerra mondiale a pezzi» (la più importante intuizione del pontificato di Francesco) senza avere un piano per ridisegnare i rapporti tra le grandi potenze. Il risultato è un caotico divenire, accelerato dalla vittoria di Donald Trump e di una America “nuova” che in realtà è un ritorno della storia che era partita nel 2016. Le sfide contemporanee sono interne e esterne.

Tre annidi guerra in Ucraina hanno logorato l’Europa, e se è vero che la Russia non ha vinto è altrettanto certo che non ha perso; come è palese che l’Ucraina non è caduta, ma non sta in piedi con le sue gambe. L’iniziativa di Trump punta a chiudere questo conflitto senza fine e senza mappa. Questo è il primo punto esterno, che va di pari passo con la politica dei dazi e il ri-orientamento dell’America sul Pacifico, verso la Cina. Cosa deve fare l’Italia?

Giancarlo Giorgetti in Parlamento ha offerto uno scenario realista: l’Europa deve ricostruire la sua difesa, ma prima deve valutare quali sono le concrete necessità senza fretta e isterie, certamente senza penalizzare sanità, scuola, welfare; sui dazi va preparata una risposta, anche qui bisogna essere razionali, perché questa è l’occasione per cambiare il gioco del WTO che ha aperto il commercio mondiale alla Cina senza vincolarla a rispettare le regole dell’Occidente, non c’è solo il denaro, ci sono la libertà, i diritti, la dignità dei lavoratori, per questo siamo occidentali; bisogna difendere e potenziare la sovranità finanziaria dell’Italia, avere un’idea sul nostro mercato dei capitali, la politica dei finanziamenti per lo sviluppo delle imprese e per le famiglie.

Ecco perché sul risiko bancario non si può ragionare in termini di “è il mercato bellezza e tu non puoi farci niente”, no cari raider della finanza, non si cita Adam Smith e si dimentica che c’è l’interesse nazionale, c’è uno stato d’eccezione, ci sono le imprese e le famiglie italiane. Non tutte le operazioni in corso (le mosse di Generali e Unicredit, per essere chiari) vanno in questa direzione, dunque servono delle valutazioni approfondite (e se servono, degli interventi), prima di vedere la cassa, i risparmi degli italiani, volare all’estero.

La regola aurea di Guido Carli e Carlo Azeglio Ciampi, come lo fu di Luigi Einaudi, e di altri governatori di Bankitalia, è sempre stata quella del “prima di tutto bisogna essere forti in casa”, ecco perché a questo scenario di guerra e pace bisogna prepararsi non pensando a quello che fanno le Borse oggi o domani, ma guardando a un orizzonte lungo, alle sfide reali. Trump non sta guardando al rosso di Wall Street, ma all’inflazione, alla tavola degli americani, alla produzione, al ritorno del Made in America, al lavoro. Lo fa Trump, lo ha indicato Giorgetti, lo vuole Meloni, lo faranno tutti i leader. È iniziata un’altra globalizzazione e sta facendo il percorso inverso rispetto a quella degli ultimi trent’anni. È un altro mondo, è l’eterno ritorno (a casa) della storia.

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