
Rischio flop: la piazza pro-Ue costretta a cambiare slogan

La dolce e tenerissima Elly Schlein – questo è chiaro a tutti – ha più dimestichezza con l’armocromia che con la politica. Al sorgere del sole, la politica – metaforicamente – si alza da un lato del letto, Elly dall’altro lato: e le due entità non si incontreranno mai per tutto il resto del giorno. Come Libero scrive da mesi, la segretaria piddina vive in una dimensione da assemblea scolastica permanente: una strillata contro il preside, un’invettiva moraleggiante, molti buoni sentimenti, ma scarsa o nulla attitudine al governo delle cose. Forse nemmeno al governo del suo partito. E così la minima complessità la trova sorridente ma smarrita, incapace di articolare, di elaborare e soprattutto rielaborare i suoi schemini elementari e rigidissimi. E allora? Ancora una volta, la soccorre un vecchio volpone comunista come Michele Serra.
L’editorialista di Repubblica prima ha lanciato l’idea della manifestazione eurolirica di sabato: e la Schlein s’è subito buttata sulla scialuppa di salvataggio piazzaiola. Dopo di che – però – era inevitabile che i mandarini del Pd si dedicassero alla loro specialità storica: dividersi, litigare selvaggiamente, tirarsi i capelli. E infatti, a stretto giro di posta, sono venuti fuori i pro-armi e gli anti-armi, i pro-Ursula e gli anti-Ursula, gli eurolirici con l’elmetto e quelli col fiore in bocca. Davanti al consueto lancio reciproco di pesci in faccia, Elly era di nuovo persa, povera stella: intristita, silenziosa, incapace di proporre non dico una linea unificante ma almeno uno straccio di posizione in grado di salvare il salvabile. Il rischio di andare in piazza spernacchiandosi a vicenda era sempre più concreto, come Libero vi ha raccontato ieri.
E così, per la seconda volta, è toccato al volpone comunista Serra tentare di metterci una pezza. Lui, furbo come una strega, fa finta di essere ingenuo, dice di «rivendicare l’ingenuità» con cui la manifestazione è stata convocata. E così rende la piazzata elastica e buona per tutti i progressisti (anche quelli più incanagliti tra loro): «Una piazza europea», ha scritto ieri mattina «non può che essere dialettica, perfino contraddittoria». Oplà, in un colpo solo, si salva la soldatessa Elly, e si offre un pass di ingresso in piazza a tutti: pacifisti e pacifinti, filo-Putin e filo-Zelensky, tendenza-Boldrini e tendenza-Guerini. Ma al volpone comunista dev’essere sembrato ancora poco. E allora, dopo questo pezzo di bravura, Serra ha aggiunto – calcisticamente – un autentico colpo di tacco nella sua rubrica quotidiana sempre su Rep. E qui siamo in presenza di un grande classico: se si è divisi, cosa può dare una parvenza di unità? Elementare, Watson: ci vuole un nemico, un idolo negativo, una statua da abbattere, un fascista da respingere. E così, uniti in qualche modo i compagni a pagina 13, Serra li aizza contro il nemico a pagina 16, indicando il perfido Elon Musk come bersaglio. Si sa: ormai, per essere ammessi in società, non basta essere antifascisti, bisogna pure proclamarsi anti-muskisti. Ecco l’invettiva serriana: «Avessi una fionda, la punterei contro il passaggio dei satelliti di Musk nel cielo sopra la mia casa». Serra, che pensa a tutto e ci fa sapere di avere un cuore green, si affretta a precisare che andrà salvaguardato «il passaggio delle gru e delle oche selvatiche». Tutto molto bello, avrebbe chiosato il compianto Bruno Pizzul. Peccato che – com’è come non è – questa storia della “fionda”, del colpire qualcosa, o dell’avere qualcosa come bersaglio, nella storia della sinistra italiana non abbia mai portato belle conseguenze. Ma quelle erano pagine tragiche. Qui – diciamocelo – siamo dentro una grande furbata, una callida escogitazione, una trovata d’autore per tenere insieme tutto e il contrario di tutto, e soprattutto per nascondere il nulla politico che chiamato “Pd”. Buona manifestazione, compagni.
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