Landini, nuova provocazione anti-governo nel giorno della Festa delle Donne: "Lotto per la rivolta"

di Brunella Bollolisabato 8 marzo 2025
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 Maurizio Landini

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E adesso chi lo dice alle femministe assetate di slogan preconfezionati contro «il governo che non fa nulla per le donne»? Chi lo dice alle signore di “Non una di meno” già ai blocchi di partenza di cortei uguali ogni anno per il loro connotato politico? Chi lo dice alle ragazze illuse da una piazza che dovrebbe servire per rivendicare i loro diritti e invece è un mucchio confuso di sigle, associazioni, sindacati che poco o nulla hanno a che fare con le vere battaglie per i diritti delle donne? Oggi è l’8 marzo e come sempre le nostre città saranno invase dalle parate fucsia delle femministe in lotta con il mondo e, soprattutto, con il governo di centrodestra. Guidato da una donna. L’ultima volta a Roma dicevano di essere 200mila, gridavano che «il patriarcato esiste» e che l’esecutivo non faceva nulla per combattere la piaga dei femminicidi e la violenza di genere. Nei cartelli citavano il bollettino di guerra delle donne uccise per mano di fidanzati, mariti o ex: 104 solo nel 2024, nel frattempo la contabilità di morte è perfino aumentata.

Complice il conflitto in Medio Oriente, le “cape” delle manifestazioni sventolavano bandiere della Palestina scandendo al microfono le «responsabilità di Israele e dei governi occidentali sul massacro della popolazione di Gaza». Neanche una parola sulle vittime del 7 ottobre, come se quelle, violentate, imprigionate, sottratte alle proprie famiglie, non fossero donne degne di nota. In quanto all’Italia, nelle piazze strumentalizzate dai partiti di sinistra si è sentito il solito refrain: «Manifestiamo contro l’orbanizzazione della società, contro il Ddl sicurezza che si realizza nella criminalizzazione delle scelte di vita e del dissenso e nella militarizzazione del territorio mentre la crisi economica morde, contro il lavoro povero e il part time obbligatorio femminile che è un record di Meloni». Perle erinni del politicamente corretto è tutta colpa della premier «che taglia welfare, sanità e scuola per finanziare il riarmo». Tutte zitte però sugli odiosi abusi commessi dagli extracomunitari contro le ragazze, sia musulmane (ammazzate o ripudiate se osano vivere all’occidentale) che cristiane.

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Ora che Giorgia Meloni, piaccia o no, è andata in Europa ad affermare che i fondi della coesione sociale non saranno toccati per la difesa, e ora che il governo ha appena presentato un provvedimento durissimo nei confronti di chi uccide una donna, la sfregia o la discrimina, cosa diranno le fanatiche rosse? Quale altro slogan anti-Meloni s’inventeranno le compagne per dire che Giorgia rema contro le donne? In realtà, alle paladine della schwa poco interessa che mai nessun governante prima abbia deciso di introdurre il reato di femminicidio, stabilendo di punire l’assassino di una congiunta con l’ergastolo. Loro oggi marceranno lo stesso contro le politiche di una maggioranza che considerano comunque nemica. E lo faranno snocciolando i numeri del gender gap, che è il divario di genere nella retribuzione tra uomini e donne ed effettivamente esiste nel nostro Paese, ma non è un fatto attribuibile certo a questo esecutivo. Le signore dei Collettivi sfileranno contro Meloni, Roccella (che hanno provato a censurare più volte) e magari ci metteranno dentro anche Donald Trump e la moglie Melania, che pure se stanno alla Casa Bianca sono alleati del nostro governo e quindi avversari della sinistra che invoca i diritti; tanto più che il presidente degli Stati Uniti ha subito messo in chiaro che per lui esistono due generi, maschio e femmina, per cui c’è da scommettere che sarà lui oggi il target delle manifestanti.

Per la Cgil di Maurizio Landini che non smette di auspicare una rivolta sociale, questo è il giorno propizio, lo dice pure il manifesto che invita a scendere in piazza oggi nella Capitale e in altre città: “Lotto per la rivolta”, c’è scritto. La provocazione è servita, il livello di scontrosi alza. E dispiace vedere che perfino le donne, sia le più giovani, che ancora vanno a scuola e stanno cercando di costruirsi un futuro, sia le vecchie zie che vorrebbero emulare i cortei degli anni Settanta, vengono trascinate nella lotta strumentale di chi confonde le istanze positive di questa giornata, che potrebbe davvero riunire le donne in una battaglia comune, con le faide politiche. Chi l’ha detto, infatti, che l’8 marzo deve essere solo la festa di una parte? O la piazza di una parte? Eppure così ormai è stata trasformata, togliendo il significato originario di una giornata che doveva essere per tutte, non solo per la sinistra la quale, oltre tutto, non ha saputo esprimere fin qui leader donne a capo del governo e si è incartata sulla questione femminile molto più della destra, anzi si è fossilizzata sulla battaglia delle vocali, come se dalle desidenze dipendesse l’autorevolezza o il potere di una donna. Questo governo ha dunque deciso che il femminicidio sarà reato ed è ovvio che è una risposta a un’emergenza che indignava destra e sinistra. Oggi i cortei ci saranno lo stesso, i collettivi ieri non hanno proferito parola, le varie Boldrine non si sono sentite, ma va dato atto che alcune dell’opposizione, come Elena Bonetti di Azione, hanno salutato con favore questa misura. Che è per tutte. Come fa notare anche Mara Carfagna, di Noi Moderati, a cui si deve la legge anti-stalking: «Un passo avanti importante sul piano normativo e culturale». La lotta, però, prosegue.

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