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Ursula von der Leyen, armi e soldati: basta una frase per far saltare in aria il Pd

Pietro Senaldi
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La parola d’ordine è “Con Kiev fino alla fine”. Di chi e di che cosa? Questi sono particolari che non conviene approfondire. Sulla propaganda ciarliera, il campo progressista è da sempre ampio, agguerrito e abile. È alla prova dei fatti che il fronte si scompone. Volodymyr Zelenski insegue una pace per l’Ucraina a condizioni che neppure il presidente americano, Donald Trump può garantirgli. Questa la ragione dell’incidente diplomatico alla Casa Bianca.

La strategia di guerra della sinistra nostrana è attaccare la premier, Giorgia Meloni, perché cerca una mediazione, attraverso Unione Europea e Nato, tra Usa e Ucraina, anziché andare in Parlamento e mettersi a insultare il presidente americano, come le chiedono Pd e compagni. Seconda mossa, andare tutti in piazza il 15 marzo per l’Europa, provando a tirare dentro Forza Italia, che però ha già risposto picche.

 

 

 

ALLEATI

L’Europa, nel mondo fantastico di Elly Schlein, è l’alleata di Kiev contro gli Usa, e di riflesso contro il governo italiano, che si ostina a sostenere che l’Occidente è il risultato dell’abbraccio tra Washington e Bruxelles e muore in caso di contrapposizione tra i due. La storia, come spesso capita, ha reso già ieri vecchia la manifestazione che la sinistra ha in programma tra due settimane. Il presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, ha detto che «l’Unione continua a dare sostegno all’Ucraina per una pace giusta e duratura», ma ha aggiunto che «la strada verso la pace passa dalla forza, perché la debolezza genera altra guerra» e quindi «bisogna subito iniziare ad aumentate le spese per la difesa europea».

 

LARGO MA DIVISO

Pronti via, il campo largo è già diviso irrimediabilmente. La scelta non è più, come chiedeva Schlein a Meloni, tra Usa e Ue, perché entrambe sono impegnate insieme per trovare una soluzione alla guerra e salvare Zelenski anche da se stesso. La scelta è tra Usa, Europa, più armi e pace contro rottura del fronte diplomatico occidentale, guerra, Putin, Unione disarmata e massacro ucraino. Da che parte stanno, Elly e compagni?

 

 

 

Già, perché l’utopia non risolve i problemi. Dem esoci vogliono vincere le guerre senza farle, senza dotarsi di eserciti né di armi, e per di più avendo diplomazie e posizioni diverse e in concorrenza al loro interno, a livello sia europeo sia nazionale.

A sinistra ci sono i grillini, quelli del disarmiamoci e non partite. Il 5 aprile andranno in piazza da soli per la pace: non sono europeisti, sono contrari a una difesa comune e a spendere un solo centesimo in armamenti e di Kiev non gli importa nulla; fosse per loro, sarebbe già Russia. Poi ci sono quelli del disarmiamoci e partite. Sinistra Italiana e Verdi stanno con Zelenski, ma guai a sporcarsi le mani o tirare la cinghia per lui.

Pensano che basti prendere Vladimir Putin con le buone per convincerlo a rinculare o che gli ucraini possano vincere la guerra grazie al loro sostegno morale.
In ogni caso, entrambi hanno problemi di coordinamento sia in Italia, con idem, sia in Europa, con i rispettivi gruppi, Linke e Verdi, che si sono già spaccati sull’invio delle armi in Ucraina.

Il Pd, naturalmente, è diviso almeno in tre. Schlein e il grosso sono per l’armiamoci (poco), non partiamo e non partite e diamo le nostre armi a Emmanuel Macron. La segretaria in direzione si è detta per la pace in Ucraina, non si sa da raggiungere come, ma certo non attraverso la guerra.

Sponsorizza un super indebitamento collettivo per aumentare la sicurezza, ma guai a farne gestire anche un pezzetto da Roma. Ha anche dichiarato che non vuole un aumento lineare delle spese militari, ma è meglio non avventurarsi a chiedersi come lo concili con il rafforzamento della difesa che propugna. C’è poi una minoranza, non piccola, del Pd, alla sinistra della leader, che è per il non armiamoci, per l’Ucraina, parta l’Europa, meglio senza italiani, e mandiamo a ramengo l’atlantismo, così sì che piegheremo la Russia.

 

 

 

Queste truppe parlamentari allo sbando sono controbilanciate da quanti, una minoranza più esigua, hanno una posizione affine a quella del governo e sono favorevoli a un graduale aumento della spesa militare che però non comporti un allontanamento dalla Nato, cosa per la quale invece spinge Schlein.

 

COPPIA SCOPPIATA

Resta la coppia incompatibile, Carlo Calenda e Matteo Renzi. Il primo è su posizioni anche razionali, non fosse che ieri era in piazza contro Trump e i suoi «modi da autocrate». Assistere al leader di Azione, maestro di aggressioni verbali, che fa la lezioncina di bon-ton è uno spettacolo per cui si potrebbe anche pagare il biglietto. Il secondo è combattuto tra l’avversione che lo divora verso Meloni, l’anti-trumpismo, che a sinistra ormai è un requisito essenziale, e il fatto di essere in fondo stato sempre a favore di una soluzione diplomatica della crisi ucraina. Una soluzione che non tenesse necessariamente conto proprio di tutte le ragioni di Zelenski, come quando aveva proposto come mediatrice Angela Merkel, la leader europea in rapporti più stretti con Putin.

 

SOLO SPETTATORI

Dato questo mosaico, c’è da ringraziare il cielo che i progressisti nostrani siano solo spettatori di quanto sta avvenendo nel mondo e si ritaglino un ruolo da protagonisti solo nelle piazzate. Viva l’Europa, grida la sinistra. Certo, viva. Ma quale e per fare che cosa? Su questo non è che ognuno abbia le proprie idee ma, parafrasando l’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, tutti non hanno la minima idea.

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