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Niccolò Machiavelli, 5 regole ancora attuali dopo 5 secoli

Daniele Capezzone
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C’è un antico classico che va riletto, e che ci parla - oggi - come e più di ieri. Si tratta de Il Principe di Niccolò Machiavelli, letteralmente passato ai raggi X da Michael Ledeen (Machiavelli on modern leadership, con il significativo sottotitolo Perché le regole d’acciao di Machiavelli sono così attuali e importanti oggi come cinque secoli fa). Il saggio di Ledeen è infatti una sorta di guida aggiornata ai potenti, a partire dagli immortali insegnamenti di Machiavelli.

Michael Ledeen è, a mio personale avviso, uno dei massimi intellettuali americani viventi, pur circondato, in particolare in Italia, da molti nemici, da antiche ostilità e da numerose leggende, a onor del vero alimentate dalla parte - diciamo così - meno teorica e più “sul campo” della sua multiforme attività.

Comunque la si pensi su di lui, rimane un uomo di eccezionale cultura e visione. In gioventù allievo di Renzo De Felice e interlocutore - appunto con De Felice - della celebre “Intervista sul fascismo”, nei decenni successivi Ledeen, con libri, articoli e una incessante attività di studio, ricerca e divulgazione (dapprima all’American Enterprise Institute, poi alla Foundation for Defense of Democracies), ha insistito sulla necessità di promuovere a livello globale libertà e democrazia, di contestare dittature e tiranni, di non accettare la logica del cedimento rispetto ai nemici dell’Occidente.

 

L’INCOMPRESO

Diciamolo subito: Machiavelli è, da cinquecento anni, il grande incompreso, il grande travisato, il grande manipolato, della storia del pensiero politico in Italia. Un solo esempio? Generazioni di studenti si sono sentiti ripetere a scuola la frase “il fine giustifica i mezzi”, e tuttora ignorano che quella frase, nel Principe di Machiavelli, semplicemente non esiste. Al contrario, esiste un intero capitolo dedicato alla differenza tra la conquista del potere avvenuta attraverso la virtù, e quella (spesso rovinosa, ammonisce Machiavelli) avvenuta attraverso la violenza o il caso.

Ma tutto ciò, per troppi, non ha diritto di cittadinanza culturale: e, non solo in Italia, un’ombra di sospetto aleggia da sempre su Machiavelli, in contrapposizione alla generale esaltazione di Guicciardini, quello del “particulare”. E forse, per tanti versi, sta proprio qui una delle tare che da secoli affliggono la nostra storia nazionale. Ma non divaghiamo.

La cornice, l’architettura logica della rilettura di Machiavelli da parte di Ledeen è chiara e insieme dolorosa. Gli uomini, da sempre, sono più inclini al male che al bene, e lo dimostrano appena ne hanno l’opportunità; sono guidati da un’ambizione smisurata e dalla droga del potere, che non lascia mai soddisfatti; i sistemi politici sono naturalmente fragili; la stabilità esiste solo nelle tombe; la regola - al contrario - è il cambiamento costante delle cose. Ergo: occorre essere pronti a mutare metodi e percorsi, avere una strategia di adattamento ai diversi contesti e alle diverse culture. E bisogna sapere che una medesima tattica può essere vincente in una circostanza e drammaticamente perdente se il contesto muta. Di più: chi ha ambizioni di governo deve tenere a mente che la dimensione “ordinaria” non è - purtroppo - la pace, ma il combattimento: se non lo si comprende, se non si è pronti a una guerra reale o potenziale, è altissimo il rischio di essere schiacciati e dominati, dalle cose e dagli avversari. Il problema è che i leader allora come oggi - solo raramente hanno virtù sufficiente per accettare la medicina dolorosa indicata da Machiavelli.

 

I VIZI PRIVATI

In un libro che è un mare di spunti e di riflessioni, seleziono in particolare cinque aspetti.
1. Esistono, nella vita e nella storia, anche circostanze e fattori che non possono essere controllati. Machiavelli, grande giocatore di carte (come si sa, una delle sue pagine più intense e commoventi, al tempo della sua cacciata dal governo, è quella in cui descrive la sua giornata, per metà trascorsa a giocare a carte in bettole e taverne, e per l’altra metà, la sera, a scrivere e a coltivare in solitudine la parte più nobile di sé), sa che il gioco riproduce la competizione feroce che è propria della vita reale. In entrambi i casi, occorre agire e non subire, e bisogna saper sfruttare aggressivamente un’eventuale circostanza propizia. E tuttavia, nonostante un’intensa preparazione e il massimo sforzo, ciò che si è fatto può non bastare: il potere della sorte è a volte soverchiante, e occorre prenderne atto, senza piagnistei, e - anche da sconfitti - con ironia e civiltà.

2. Oltre al lato pubblico, anche (e per certi versi soprattutto) il lato privato può costare carissimo al principe, e ad ognuno di noi. I vizi personali, le tendenze alla pigrizia o all’arroganza o alla dissolutezza, e - peggio di ogni altra cosa - la propensione ad autoassolversi, sono una costante minaccia.

3. Anche una vittoria può essere rischiosa, perché produce rilassatezza. Da questo punto di vista, la condizione di pace accresce i pericoli, perché sembra rendere la disciplina meno urgente, e questo può far soccombere il principe. Invece la sua battaglia deve continuare senza sosta, in due sensi: da un lato, per evitare che i nemici lo buttino giù, e dall’altro per evitare che i suoi stessi vizi gli facciano del male. Ecco perché serve autodisciplina. Perciò, le virtù militari (freddezza di giudizio, attenzione al mutare delle situazioni, coraggio, dedizione alla missione) sono massimamente importanti anche in tempo di pace.

4. Ledeen dedica pagine da incorniciare a Prova d’orchestra di Fellini, esempio di una tendenza allo sfascio che è propria anche delle anime e degli spiriti più dotati. Ma, se si rifiuta un ordine ragionevole, il rischio è quello - prima o poi- di subire una tirannia piena. Per converso, quindi, i profeti disarmati sono destinati a non farcela. Un leader deve essere pronto ad accettare e ad assumersi responsabilità anche terribili.

 

IL “MALE NECESSARIO”

5. Talvolta, il principe deve essere disposto a “entrare nel male”. Non ad essere malvagio, non ad “essere” il male, ma ad “entrarvi”, per uscirne appena possibile. Ci sono circostanze in cui il “male necessario” non può essere evitato. Ledeen ha mano felice nel citare le celebri pagine di Churchill dedicate al fatto che le democrazie debbano adottare comportamenti “adeguati” a quelli dei loro nemici e interlocutori. Fu vero nei primi anni Quaranta contro il nazismo, ammonisce Ledeen, e - a mio personale avviso- dovrebbe essere ancora più vero oggi ad esempio contro il terrore islamista. Davvero qualcuno pensa di poter agire con strumenti “ordinari” contro chi ha un intento assoluto e definitivo di distruzione della nostra civiltà?

Le pagine finali del volume sono le più dolorose per i lettori italiani. Ledeen ricorda come nacque Il Principe. Machiavelli vedeva un quadro diviso e decadente, e sperava in un principe che potesse compiere il miracolo di prendere e reggere il timone: il suo libro era, insieme, un auspicio e una guida, in quella prospettiva.
Quel principe non arrivò, come si sa, a tutto vantaggio delle potenze straniere.

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