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Claudio Borghi, dazi: "L'Italia tratti da sola con gli Usa, è l'unica soluzione"

Fabio Rubini
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Il senatore Claudio Borghi è uno dei responsabili del dipartimento economia della Lega. Salviniano di ferro. Da sempre considerato un “falco” in chiave anti-Ue, non ha mai nascosto la sua avversione verso l’euro e il mercato unico, così come verso l’Organizzazione mondiale della Sanità («Usciamo. Adesso non ha alcuna utilità») e in generale verso i carrozzoni “mondialisti”. Una visione che non smentisce nemmeno in questa intervista, nella quale spiega la posizione della Lega su Trump, i dazi, le spese militari e tanto altro ancora. Partiamo.

Senatore Borghi qual è la posizione della Lega riguardo alle politiche di Donald Trump?
«Noi guardiamo alle opportunità che il nuovo corso americano può offrire all’Italia. La Lega ha appoggiato Trump in tempi non sospetti, mantenendo aperti i rapporti anche quando sembrava ai margini della politica Usa. Tra poco vedrete che per stare con lui ci saranno solo posti in piedi. Per questo dobbiamo essere bravi a far valere la nostra posizione di vantaggio».

Ma lei è d’accordo con tutto quello che Trump ha detto in questo inizio di mandato presidenziale?
«Non è necessario concordare su tutto. Ma è un fatto che in questo momento storico i nostri interessi possano coincidere. Serve un Italia forte e se la politica di Trump ci aiuta a smontare questa Unione europea, allora dico “Viva Trump!”».

 

 

 

Nella Lega la pensano tutti come lei?
«Venticinque annidi globalismo hanno portato l’Italia a impantanarsi, con salari bloccati e la legge Fornero sulle pensioni. Per un partito autonomista, federalista come la Lega, il mondo del superstato, dell’esercito unico, del mercato unico, deve essere combattuto ad ogni costo. Dove c’è la Lega non può esserci il globalismo del superstato, che non a caso Bossi chiamava “Forcolandia”».

Cosa pensa di Trump che ha detto «l’Unione europea è nata per fregare gli Usa»?
«Non me la sento di dargli torto. Oggi Trump è costretto a mettere i dazi perché l’Europa a trazione tedesca ha costruito un sistema che grazie alla moneta unica più debole del marco tedesco ha avvantaggiato la Germania nei confronti degli Usa».

Prima di parlare di dazi, ha visto che Trump ha messo alla porta Zelensky? C’è da preoccuparsi?
«Dobbiamo abituarci a mezzi di comunicazione non convenzionali. È finita l’era dei sorrisi di plastica. Se la gente vede come sono davvero i rapporti tra i leader mondiali credo sia un bene per la democrazia».

Gli imprenditori italiani, però, sono preoccupati dai dazi e chiedono a garn voce al governo di intervenire. Sbagliano?
«Capisco la preoccupazione, ma bisogna tenere conto del fatto che Trump negli Usa ha una situazione di deficit commerciale che è insostenibile. Per uscire da questa empasse poteva fare due cose: mettere i dazi o svalutare il dollaro. Ma questa seconda ipotesi sarebbe ancora più rischiosa e penalizzante non solo per il nostro sistema industriale, ma anche per altri settori, come ad esempio il turismo. Col dollaro svalutato nessun americano verrebbe più in vacanza da noi. Costerebbe troppo».

Posto che, in ogni caso, i dazi sarebbero un problema, come se ne esce?
«Io penso che l’unica strada sia quello dell’accordo bilaterale tra Italia e Usa. Il nostro governo deve far valere la nostra posizione privilegiata nei confronti dell’amministrazione Usa».

Il resto dell’Europa, però, non è d’accordo e predica unità...
«Ma Meloni deve infischiarsene. Fin qui l’Europa ha funzionato così: se c’è la fregatura bisogna agire uniti; se ci sono dei possibili vantaggi allora Francia o Germania vanno avanti dal sole... e gli altri si arrangino. Dobbiamo fare così anche noi».

Così facendo non si correrebbe il rischio di isolarsi rispetto a tutti gli altri Paesi europei?
«Io penso più a una situazione di questo genere: l’Italia che tratta con gli Usa, magari, e riesce addirittura a strappare l’esenzione totale dai dazi, mentre Germania e compagnia se li ritrovano sul groppone. V’immaginate la corsa che si scatenerebbe per venire ad investire nel nostro Paese? Credetemi, in questo momento storico abbiamo per le mani un’opportunità che si fa fatica persino ad immaginarla...».

 

 

 

Con uno scenario del genere, secondo lei, davvero il governo riuscirebbe a resistere alle pressioni internazionali? In passato (vedi governo Berlusconi nel 2011 ) non è andata così...
«Dal mio punto di vista mi auguro di sì».

Cambiamo argomento. Un altro tema d’attualità è il caro bollette. La convince il decreto licenziato ieri dal Consiglio dei ministri?
«È un’esigenza molto sentita ed è giusto intervenire. Però mi chedo: tutti questi imprenditori spaventati dov’erano quando il mondo metteva le sanzioni alla Russia sapendo che l’Italia sarebbe stato tra i Paesi più svantaggiati? È per questo che sostengo che il vero decreto taglia bollette sarà quello della pace tra Ucraina e Russia».

Senza guerra diminuiranno i prezzi, è certo, ma di quanto? Sarà sufficiente ad uscire da questa crisi?
«Ho stimato che, pur considerando tutta la pluralità di fonti energetiche, con la fine della guerra il guadagno per unità di energia potrà essere dimezzato».

Siete contro l’esercito comune. Allora qual è la posizione della Lega sull’aumento delle spese militari?
«Siamo favorevoli se queste risorse serviranno a rafforzare il nostro esercito. Contrari se i soldi verranno gettati in quello europeo. È una follia contro la quale dobbiamo batterci con tutte le nostre forze».

Non crede che con un esercito europeo il nostro Continente possa contare di più sul piano internazionale?
«In questi decenni la pace è stata garantita dalla Nato e così deve continuare ad essere. Invece di spendere soldi per un esercito comune europeo, si deve proseguire con le alleanze internazionali, come si è fatto fin qui. E per contare di più, lo ribadisco, serve investie sulle nostre forze armate, non su quelle comuni. Questo tipo di modello in Europa non funziona».

Borghi, un’ultima cosa: è giusto mandare i soldati italiani in Ucraina?
«No. Siamo contarri. Lo siamo sempre stati e alla luce di quanto successo ieri alla Casa bianca sono sempre più conivto che questa sia la posizione giusta». 

 

 

 

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