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Supermedia Youtrend, la strategia flop di Schlein: FdI cresce ancora, il Pd crolla

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A onore del vero, noi di Libero avevano avvertito quelli del Pd che la strada non era quella giusta. Con un articolo di Daniele Capezzone avevamo spiegato che la polizza Elly è la miglior assicurazione sulla vita per il governo Meloni. Qualunque intemperia possa abbattersi sull’esecutivo, qualunque passo falso, basta che un elettore volti lo sguardo all’opposizione e subito i partiti della maggioranza tornano ad apparire l’unica ancora possibile di salvezza.

L’ultimo mese, dopo il successo della liberazione della giornalista Cecilia Sala, grazie a un blitz capolavoro del premier negli Stati Uniti, e l’assoluzione del ministro Matteo Salvini dalla stralunata accusa di sequestro di persona al termine di un processo penoso per chi lo ha portato avanti, non è stato semplice per il centrodestra. La condanna del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, a otto mesi per violazione di segreto d’ufficio, contro il parere negativo della Procura, è solo l’ultimo episodio di una serie. Prima ci sono state le continue sentenze che impediscono il trasferimento in Albania dei clandestini, malgrado dall’Europa arrivino segnali favorevoli, e l’inchiesta aperta dalla Procura di Roma contro Meloni e tre alti esponenti del governo per il rimpatrio del capo della polizia penitenziaria libica, Almasri, atto compiuto in nome della ragion di Stato in osservanza di accordi firmati prima dalla sinistra, quando era al governo. In più, ci sono stati i dati negativi della produzione industriale (-7,1%) su base annua.

 


LA FORZA DEI NUMERI
Eppure, stando alla supermedia dei sondaggi fatta da Youtrend, Fratelli d’Italia sale nei consensi (29,8%; + 0,3) e il Pd scende (22,9%; -0,4). Stabili i grillini (11,5%) e Alleanza Verdi e Sinistra (6,1%), come Forza Italia (9,3%; +0,1) e Lega (8,5%; -0,1). Unici segni di vita, a sinistra, dalla coppia degli incompatibili, Calenda (2,9%; +0,3) e Renzi (2,7%; + 0,1), con il primo che beneficia del fatto che, ogni volta che parla, si avvicina sempre più al centrodestra. Nel complesso, la coalizione di governo (48,6%) è avanti di 17,5 punti rispetto al centrosinistra (31,1%), sei se nel campo largo si fanno rientrare i Cinque Stelle e dodici se invece si comprende il Terzo Polo (36,7%), naturalmente senza i pentastellati. Tutto molto semplice, per il sondaggista Antonio Noto: «Meloni conserva un particolare carisma presso l’elettorato che l’ha votata. Gli italiani sanno che non ha ancora raggiunto i risultati promessi in economia, ma pensano che possa farcela; in più, ci sono gli effetti della credibilità internazionale che il premier ha saputo raggiungere. Gode di una fiducia che è un assegno in bianco ancora valido», spiega il direttore di Noto Sondaggi.

Più o meno, la situazione è la seguente: gli attacchi che il governo subisce sul fronte della giustizia rafforzano l’esecutivo anziché indebolirlo. Sia la condanna di Delmastro sia l’inchiesta aperta su Meloni, Mantovano, Piantedosi e Nordio sono percepiti dalla maggioranza come atti politici prima che giudiziari, una risposta dei magistrati al tentativo del governo di riformare una giustizia su cui gli italiani nutrono dubbi; tanto più che nessuno vuole una crisi con la Libia né si scandalizza se vengono rese note le conversazioni in carcere tra mafiosi e terroristi, in un Paese dove l’opinione pubblica è stata nutrita a base di intercettazioni. Per di più, l’ostinazione dei tribunali nel bocciare i tentativi del governo di dislocare i clandestini in Albania viene vissuta come un tentativo di ostacolare la soluzione del problema immigrazione. Ecco allora che Schlein e compagni, che quotidianamente chiedono invano le dimissioni di qualche membro dell’esecutivo, finiscono per sortire un effetto boomerang presso l’elettorato, anche perché non vengono mai accompagnati da proposte credibili di soluzione ai problemi. A preoccupare maggiormente l’elettorato sono i temi economici, soprattutto l’aumento delle bollette e la crisi delle imprese, che in prospettiva mette a rischio la crescita dell’occupazione. Però entrambi i problemi sono in gran parte ascrivibili alle politiche dei precedenti governi, non guidati dal centrodestra, e alle scelte sbagliate in tema di energia, integralismo verde e programmazione industriale.


Perfino l’effetto Donald Trump, delle sue dichiarazioni ruvide e della sua politica forte e protezionista, che l’opposizione spera di cavalcare contro il governo, si riverberano negativamente sulla sinistra, illuminando gli errori dell’Unione Europea della scorsa “maggioranza Ursula” e del trentennio dominato dall’asse Germania-Francia, «con l’Italia dietro», come inopinatamente confessato di recente dall’ex commissario Ue, nonché premier, Romano Prodi. Ancora più dei dazi, gli italiani temono la continuazione della guerra in Ucraina, la cui fine dipende dal presidente Usa e non dalle divisioni di chi lo attacca a testa bassa senza trovare un’alternativa alla sua mediazione.

SOLITO DISCO
In tutto questo, il campo progressista, impermeabile a ogni segnale esterno, procede sul suo canovaccio perdente. Ieri Steve Bannon, ex stratega della Casa Bianca nella prima amministrazione Trump, ha alzato il braccio destro per salutare il pubblico alla convention dei conservatori. Subito la sinistra nostrana ha parlato di gesto nazista e ha crocefisso il politico americano, anche se solo la settimana scorsa lo esaltava perché aveva criticato Elon Musk, sostenendo che «pensa solo ai soldi». La stessa cosa, all’inverso, del trattamento riservato a Jordan Bardella, il leader francese di Rassemblement, fino a due giorni fa accusato di essere un fascista e ieri esaltato perché ha rinunciato a parlare alla convention delle destre, in segno di protesta contro Bannon. Siamo sempre all’antifascismo: tormentone che perde, non si cambia. A sinistra preferiscono licenziare gli interpreti piuttosto che rinnovare lo spartito.

 

 

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