Cerca
Cerca
+

Giorgia Meloni: la pace si fa con Europa e Stati Uniti

Esplora:

Fausto Carioti
  • a
  • a
  • a

I toni sono diversi, ma la sostanza è quella: i leader della maggioranza concordano che la pace in Ucraina va trattata con Donald Trump, non contro di lui. Concetto che ieri Giorgia Meloni, in un colloquio telefonico, ha espresso a Justin Trudeau, primo ministro canadese e presidente di turno del G7. Gli ha detto che «la priorità per l’Italia è la stessa del resto d’Europa, della Nato e di Kiev: fare tutto il possibile per fermare il conflitto e raggiungere la pace», che questa pace «necessita di garanzie di sicurezza reali ed efficaci per l’Ucraina» e che il governo «lavora insieme agli Stati Uniti e ai partner europei e occidentali». Posizione su cui si ritrova il più europeista del centrodestra, il forzista Antonio Tajani. Il quale non condivide il linguaggio di Donald Trump («non ci appartiene»), ma invita a non soffermarsi sulle parole e avverte che «per garantire sicurezza all’Ucraina e al continente europeo serve collaborazione tra Ue e Usa».

Visto da palazzo Chigi, il problema non è nemmeno Trump che attacca Volodymyr Zelensky: il presidente statunitense ha un modo tutto suo di fare le trattative, e il fatto che stia investendo così tanto nel cercare di convincere Mosca e Kiev a raggiungere un accordo è ritenuto comunque positivo. Il problema è la Ue. Per capirlo bisogna tornare a quello che Meloni ha detto lunedì a Emmanuel Macron e agli altri presenti al mini-vertice dell’Eliseo: «Sono perplessa riguardo a un formato che esclude molte nazioni, anche perché la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti».

Secondo lei, il «formato» giusto è un vertice straordinario del Consiglio Ue, composto dai leader di tutti i Ventisette, più l’inglese Keir Starmer. A quest’ultimo Meloni attribuisce un ruolo cruciale, per quanto ha investito il Regno Unito nella difesa dell’Ucraina e per il rapporto storico che lega Londra e Washington. Convocare un simile vertice è compito del presidente del Consiglio Ue, Antonio Costa. Il quale non vuole replicare il flop di Macron, e sta quindi contattando uno a uno i leader europei per chiedere loro «cosa sono disposti a fare subito in termini di aiuti all’Ucraina» e come intendono partecipare alle «garanzie di sicurezza» di cui Kiev avrà bisogno dopo l’accordo di pace con Mosca. Se vedrà che è possibile raggiungere una posizione comune, li chiamerà a Bruxelles. Meloni confida che questo si faccia il prima possibile, anche perché lì avrebbe modo di confrontarsi a quattr’occhi con Starmer. Col quale è previsto che si incontri comunque, prima o dopo il viaggio a Washington che il premier inglese farà la prossima settimana. Il fatto che Trump abbia deciso di ricevere lui e Macron alla Casa Bianca è giudicato normale da Meloni, giacché Regno Unito e Francia sono membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu e sono quelli che più insistono per inviare truppe di “pace-keeping” in Ucraina. Meloni parlerà comunque a Washington, in un’altra sede. Nella capitale federale si sta svolgendo la Conferenza dei conservatori (Cpac), organizzata dai repubblicani. Anche se invitata, ha deciso di non presentarsi fisicamente lì, dove è già stata altre volte. Le è stato riservato lo stesso un “posto d’onore”: farà un intervento in collegamento video domani, nella giornata conclusiva, la stessa in cui si esibirà Trump. Parlerà per un quarto d’ora e l’argomento sarà l’avanzata dei partiti conservatori in tutto l’Occidente e la comunanza di valori tra la destra europea e quella americana. Meloni non sarà invece a Kyev lunedì, nell’anniversario dell’invasione russa, e lo stesso giorno non parteciperà alla riunione in videoconferenza del G7. In quelle ore, infatti, si riunirà a Roma il Forum di dialogo imprenditoriale tra Italia ed Emirati arabi uniti, con il presidente Mohammed bin Zayed Al Nahyan: la premier dovrà fare gli onori di casa. Proprio perché la coalizione di governo condivide la linea sull’Ucraina, non si è discusso di questo nel vertice che ieri mattina, a palazzo Chigi, ha visto la presidente del consiglio al tavolo con Matteo Salvini e Tajani. I tre si sono confrontati sulla vicenda dei balneari, tornata d’attualità con la sentenza del Tar ligure. Della guerra e del ruolo degli Stati Uniti, Salvini ha parlato invece in Senato. «Io condivido quello che sta facendo Trump per porre fine alla guerra. Chi attacca Trump non fa un buon servizio alla pace», ha detto. Posizione su cui converge pure Forza Italia. Il portavoce degli azzurri, Raffaele Nevi, spiega che «è necessario mostrare maggiore prudenza, soprattutto dopo i segnali giunti dagli Stati Uniti. L’unità dell’Occidente resta essenziale e dobbiamo trovare un equilibrio tra principi e pragmatismo». Non saranno la politica internazionale e il linguaggio privo di diplomazia di Trump, insomma, la crepa che spaccherà il centrodestra.

Dai blog