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"Deportazioni Usa": ecco perché il Vaticano ha rilanciato la balla su Trump

Papa Francesco

Daniele Capezzone
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No, decisamente non si tratta di un problema di errata traduzione odi una banale svista lessicale, come qualcuno vorrebbe credere o far credere. In Vaticano si conosce bene sia la lingua inglese sia quella italiana e soprattutto – da un paio di millenni – si coltiva l’arte della scelta appropriata e direi chirurgica delle parole, per accorciare o allungare le distanze, per mostrare amicizia o ostilità, per cogliere e valorizzare ogni possibile sfumatura diplomatica. Dunque, non foss’altro che per le polemiche che infuriano dal 20 gennaio scorso intorno all’executive order trumpiano in materia di immigrazione, se adesso in una lettera del Papa indirizzata ai vescovi statunitensi si parla esplicitamente di “deportazione”, anzi addirittura di “deportazione di massa di immigrati e rifugiati clandestini”, non può trattarsi di un errore materiale, di un equivoco, di un qui pro quo, ma di una precisa scelta della Santa Sede di polemizzare duramente contro Donald Trump e la sua politica migratoria. E di farlo decidendo di distorcere il termine inglese deportation, di non tradurlo – come correttamente si dovrebbe fare in questo caso – come “rimpatrio, espulsione”, ma di usare la parola italiana “deportazione”, che allude in modo lugubre al nazismo e ai campi di concentramento.

Del resto, a svelare l’intenzione provvede il resto della locuzione utilizzata nella missiva del Pontefice: “deportazione di massa”. A quel punto, come Libero vi ha già raccontato ieri, era scontata – oltre che motivatissima – una dura risposta dell’Amministrazione Usa, come effettivamente è successo. Per mostrare la lente di pregiudizio attraverso la quale alcuni – Santa Sede attuale inclusa – guardano alla stagione trumpiana è sufficiente ricordare che, quando analoghe operazioni di respingimento avvenivano da parte di amministrazioni americane democratiche, fino al quadriennio bideniano, si parlava correttamente di “espulsioni e rimpatri”. L’orrida e cupa immagine della “deportazione” è stata usata solo rispetto alle politiche di Trump. Eppure il termine inglese deportation era sempre lo stesso, e i vocabolari in uso tre o quattro mesi fa non erano differenti da quelli in circolazione oggi. Del resto – scherzando ma non troppo – potremmo far notare come, nel linguaggio politico e giornalistico americano e inglese, per indicare gli stranieri e in particolare i clandestini, sia frequentemente usato il sostantivo aliens. Ma nessuno – in Italia – si è mai sognato di tradurre quella parola con “alieni”. Tutti avrebbero trovato e troverebbero surreale – oltre che distorcente – una simile traduzione ultraletterale. Ma l’operazione manipolatoria viene serenamente compiuta con deportation e “deportazione”. Contro la tesi della svista depongono anche altre considerazioni.

“Deportazione” è il termine utilizzato anche dal sito di informazione del Vaticano Vatican News, che ha alla direzione editoriale Andrea Tornielli, una delle figure chiave della comunicazione della Santa Sede. E esattamente la stessa espressione (“deportazione di massa”) compare anche nel testo ufficiale della lettera papale pubblicato dal sito vatican.va. Ancora: i principali quotidiani italiani hanno a loro volta virgolettato, attribuendola al Papa, in quanto contenuta nel suo testo, la parola “deportazione”. Ecco il Corriere: “Le deportazioni ledono la dignità”. Stessa scelta da parte di Repubblica: “Un male deportare i migranti”. Così anche il sommario di pagina 6 della Stampa, che parla delle critiche papali alle “deportazioni dei migranti”. E a chiudere il cerchio provvede il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, a cui è difficile attribuire intenzioni anti-Bergoglio . Nel sommario del titolo di prima pagina si legge: “I migranti non siano trattati da criminali e deportati”. E il titolo di pagina 3 recita: “Papa Francesco ai vescovi degli Usa: ‘Deportare persone lede la dignità’”. E allora? E allora tutto è chiaro: il Papa e la Santa Sede hanno scelto la strada di una polemica durissima contro Trump, anche distorcendo le parole e il loro significato.

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