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Le colpe del Pci di Palmiro Togliatti sull'esodo e le Foibe

Marino Pagano
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Un libro necessario Togliatti, Tito e la Venezia Giulia (Mursia, pag. 188, 15 euro), appena uscito, di Marino Micich, storico e direttore dell'Archivio Museo Storico di Fiume e della Società di Studi Fiumani. Necessario perché ci offre un’analisi approfondita e critica del complesso scenario politico che ha riguardato la cessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia dopo la Seconda guerra mondiale. E poi perché, con un lavoro ben documentato e ricco di dettagli, l’autore esplora in particolare la posizione del Partito Comunista Italiano, sotto la guida di Palmiro Togliatti, nel trattare con Josip Broz Tito e le implicazioni di questa alleanza per gli italiani della regione, le cui sorti furono segnate dal dramma delle Foibe e dall’esodo massiccio di decine di migliaia di cittadini italiani.

Con il rigore proprio di un approfondimento storiografico degno di questo nome, il volume, prefato da Giovanni Stelli, rappresenta una risorsa fondamentale per comprendere la delicata questione dei confini italo-jugoslavi e soprattutto la responsabilità politica di quel silenzio che il Pci mantenne sull’esodo giuliano-dalmata e sulle atrocità commesse nelle Foibe.

Micich evidenzia con chiarezza che la cessione della Venezia Giulia e la politica di Togliatti nei confronti di Tito, benché finalizzate alla costruzione di un fronte unito contro il fascismo, comportarono una tragica dimenticanza delle vittime italiane di quella regione.

 

La cessione di territori italiani al regime comunista jugoslavo ha segnato un punto dolente della nostra storia, con una divisione ideologica che ha avuto un impatto devastante sulle popolazioni che vivevano lungo il confine orientale. La responsabilità del Pci, che ha taciuto sulla sorte degli italiani, è un aspetto che Micich sottolinea in maniera incisiva. Ha detto, del resto, parole chiare Luciano Violante: «Il Partito Comunista Italiano sbagliò a tacere sull’Istria. C’è una grande responsabilità del Pci per il silenzio sull’esodo dall’Istria, da Fiume e dalle coste dalmate. Ciò accadde perché il confine ideologico è prevalso su quello geografico». Durante il Secondo conflitto mondiale il PCI stabilì una stretta alleanza col Movimento Popolare di Liberazione Jugoslavo guidato da Josip Broz detto Tito, con un duplice scopo: puntare a sconfiggere i nazisti e i fascisti sul campo di battaglia e pensare agli sbocchi politici che si sarebbero palesati a guerra finita. Togliatti e i suoi dirigenti per avere l’appoggio di Tito sostennero più volte la cessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia.

L’autore presenta una mole ingente di documentazione, per la prima volta messa così efficacemente ed in una sola pubblicazione a disposizione dei lettori e degli studiosi, così da potersi concentrare a fondo sul periodo 1943-1954, cornice temporale strategica al centro del libro. Micich riesce, così, a contestualizzare con metodo certi passaggi delle lotte politiche interne al Pci e dei legami del partito con Tito, rimarcando come il “confine” ideologico della guerra fredda e la necessità di mantenere la relazione con il movimento comunista jugoslavo abbiano prevalso sulla difesa degli interessi degli italiani. Ampiamente delineate le varie fasi del periodo: si parte dall’8 settembre 1943, quando nei fatti inizia l’addio italiano alle terre istriane, fiumane e dalmate.

Già ad ottobre, la prima fase delle Foibe in Istria e poi, nel febbraio del 1945, la strage di Malga Porzus. Nell’approfondimento, anche il chiaro affidamento da parte del Pci delle terre giuliane alla Jugoslavia popolare, ossia proprio a Tito, al comunismo balcanico, considerato platealmente da Togliatti come entità liberatrice. Inoltre, Togliatti, Tito e la Venezia Giulia invita a riflettere sulle modalità con cui la memoria storica è stata gestita negli anni successivi, soprattutto da parte di chi avrebbe dovuto tutelare il ricordo corale delle vittime delle Foibe e dell'esodo. Una memoria indirizzata in maniera beffarda, invece, nel secondo dopoguerra, addirittura a favore del mito titino, con molte onorificenze, strade, eventi e manifestazioni in onore del massacratore di italiani.Una lettura imprescindibile, insomma, quella del testo di Micich, per chi vuole approfondire la storia della Venezia Giulia, la geopolitica postbellica dell'Italia e le tensioni ideologiche che hanno segnato quegli anni.

 

Una riflessione, in più, sui complessi legami tra ideologie politiche, confini e identità, temi che continuano a riverberare anche nel nostro presente. Un lavoro che analizza la storia politica e solleva interrogativi sulla memoria collettiva di una nazione che ha troppo spesso taciuto su uno degli episodi più dolorosi del suo passato. La lettura del libro offre uno spunto per riflettere sulle scelte politiche di ieri e sulla loro eredità nella nostra difficile contemporaneità.

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