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Falce e martello, i progressisti che non riescono a liberarsi del loro passato
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Certi amori non finiscono, si sa. E questa regola vale sicuramente per il legame della sinistra italiana con la falce e il martello. I compagni nostrani non sono più comunisti, d’accordo, però non riescono proprio a prendere le distanze dal loro passato. O quantomeno ad analizzarlo in maniera un po’ più critica.
Ieri sull’argomento è intervenuto Goffredo Bettini, ascoltatissimo dirigente nazionale del Pd, uno che di queste cose se ne intende e che non è certo un pericoloso estremista. «La risoluzione del Parlamento europeo che chiede di vietare i simboli nazisti e comunisti sovietici», ha scritto in un intervento sul Fatto quotidiano, «rende chiaro il balzo all’indietro, culturale e politico, dell’intera Europa. È lo spirito del tempo, allergico alle idee, ai valori, allo spirito. Qual è stato il simbolo dei comunisti sovietici che sventolò su Berlino nel 1945, sancendo la libertà riconquistata in tutto il mondo? La falce e il martello. Un simbolo che non era, e non sarà in seguito, solo dell’Urss e tantomeno solo di Stalin: piuttosto, nato e cresciuto dall’Ottocento fino ad oggi nel corso di grandi battaglie di progresso, di giustizia, di libertà. Come si può accostarlo alla svastica hitleriana?». Per Bettini «equiparare questi due simboli non è solo un’idiozia politica, è la cancellazione della storia in sé. Un cedimento imperdonabile di una parte della sinistra».
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L’intervento di Bettini (che era precedente e quindi non collegato alle polemiche di ieri sulla Foiba di Basovizza), era lungo e articolato, e su alcune questioni si possono capire i dubbi. Ma la sua posizione, che è quella di gran parte dei progressisti, merita alcune considerazioni.
- Primo. Attenzione a dire che il simbolo dell’Urss che sventolò su Berlino nel 1945 sancì «la libertà riconquistata in tutto il mondo». Sicuramente sancì la sconfitta della Germania nazista, ma l’obiettivo dei sovietici non era portare la democrazia. Era sostituire una dittatura con un’altra dittatura, che in quanto a ferocia aveva poco da invidiare a quella di Hitler.
- Secondo. Da sinistra rivendicano spesso: «Eh, ma la falce e il martello erano usati anche dai comunisti italiani. E il comunismo italiano era un’altra cosa...». Sì, più o meno. Perché il Pci è stato per decenni legato a doppio filo all’Unione sovietica, e quella storia è purtroppo anche la sua storia. Non solo. Il comunismo italiano è quello di Enrico Berlinguer, celebrato ancora oggi dal Pd, ma è anche, per esempio, quello della strage di Porzus, dei 17 partigiani della Osoppo uccisi proprio dai partigiani rossi. Di quella strage ricorre in questi giorni l’80° anniversario, ma finora da sinistra hanno preferito fare finta di nulla e non dire una parola (anche questa è cancellazione della storia, no?).
- Terzo. Altra cosa che i progressisti dicono sempre quando qualcuno li invita a prendere le distanze dal comunismo: «Eh, ma in Italia abbiamo avuto il regime fascista, non quello comunista. La nostra Costituzione è antifascista ma non anticomunista». Già. Adesso però questa scappatoia non funziona più. Il Pd parla sempre di integrazione europea? Bene, in mezza Europa i regimi comunisti li hanno provati sulla loro pelle. E non vogliono più sentirne parlare. Anche per questo si è arrivati alla risoluzione contro svastica e falce e martello. Condannare il comunismo? Pare proprio che oggi ce lo chieda l’Europa...
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