Albania, Kelany sgancia il siluro sulle toghe: "Le richieste d'asilo erano state tutte respinte..."
"Cosa è accaduto? Un grande scandalo. Per la terza volta dei migranti vengono trasferiti nei centri in Albania e per la terza volta i trattenimenti non vengono convalidati perché i giudici ritengono che il governo abbia sbagliato ad individuare i Paesi di provenienza come sicuri, senza valutare se i singoli migranti avessero o meno diritto ad un trattamento differente. Questo è accaduto in barba ad ogni principio di separazione dei poteri, per cui è il legislatore che fa le norme e la magistratura che le applica, se non confliggono palesemente con la Costituzione o con il diritto europeo". Così sul Secolo d’Italia la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento Immigrazione spiega la decisione dei giudici della Corte d'Appello di Roma che hanno ordinato il rientro in Italia dei migranti trasferiti in Albania.
Ma Kelany svela anche un retroscena: "I 43 migranti irregolari trasferiti in Albania - spiega - avevano tutti i requisiti per essere immediatamente rimpatriati verso i loro Stati di provenienza; non avevano rilasciato alcuna dichiarazione o documento che potesse far pensare il contrario; le loro richieste di asilo erano già state tutte respinte perché manifestamente infondate. Eppure la Corte d’Appello di Roma ha deciso di non consentire il rimpatrio. Li stiamo riportando in Italia per volere di alcuni giudici che non hanno pensato di dover valutare la posizione dei singoli, verificare se socialmente pericolosi, se in possesso dei requisiti minimi per stare sul nostro territorio nazionale, se avevano precedenti penali. No, quello che importa alla Corte è sapere se la magistratura può assumersi l’onere di giudicare se un Paese sia o meno sicuro, a dispetto di quanto stabilito dallo Stato. Ebbene, può sembrare strano, ma poco più di un mese fa la Corte di cassazione si è pronunciata chiaramente su questo punto: spetta agli Stati e non ai magistrati stabilire quale sia un Paese sicuro. Fino a ieri l’altro dicevo che sarebbe stato singolare che delle sentenze di tribunali di merito potessero non tenere in considerazione dei principi espressi in maniera così netta dalla Corte di Cassazione. Lo dicevo convintamente, con una granitica consapevolezza: la Suprema Corte svolge una essenziale funzione nell’architettura giurisdizionale della Nazione, la funzione di uniforme interpretazione del diritto su tutto il territorio nazionale. E invece i nostri magistrati non hanno tenuto in considerazione dei principi netti: lo Stato fa la lista dei Paesi sicuri, il magistrato decide delle sorti dei singoli migranti in base alle loro peculiarità".
"Ebbene - conclude Sara Kelany -, oggi ci troviamo nuovamente di fronte ad una presa di posizione assurda, ingiustificata e in grado di creare una impasse nella gestione generale dei flussi migratori irregolari. E sembra che intervenga la pervicacia di alcuni magistrati, portatori di evidenti ideologie politiche, a voler bloccare impunemente un modello che è apprezzato da tutta Europa, e su cui gli altri Stati membri non vedono l’ora di approdare. Oggi noi in materia di sistemi e organi per la gestione dei flussi migratori abbiamo disegnato un modello innovativo e più viene apprezzato, più registriamo delle controspinte che viaggiano nella direzione di bloccare i nostri sforzi. Se si comprendono e si accettano delle decisioni di merito, non si possono accettare decisioni che in sostanza non decidono, con l’effetto di vedere liberati in massa sul territorio nazionale soggetti irregolari. Tutto questo non perché si è voluto tutelare un diritto dei migranti, di cui nessun giudice ha mai parlato, ma un desiderio dei giudici stessi: quello di vedersi riconosciute delle facoltà che sono proprie della politica e non della magistratura. Questo è il grande scandalo".