Questa è una crisi di sistema aperta dalle toghe
Giorgia Meloni guida una maggioranza forte, l’Italia ha il governo più stabile d’Europa, i consensi dopo oltre due anni a Palazzo Chigi sono in crescita. La legislatura è in discesa, ma la velocità di crociera è rallentata da forze che puntano a logorare l’esecutivo, fino a farlo insabbiare. Non potendo impedire al governo di arrivare alla scadenza, puntano a indebolirlo, confidando anche in uno scenario internazionale con molte ombre. Questo lavoro di sfiancamento non è in grado di farlo la sinistra parlamentare, in piena bancarotta culturale, senza popolo.
L’opera di demolizione è affidata a un sistema di potere di cui la magistratura è solo il fronte più visibile, sorvegliato e protetto dall’esercito dell’alta burocrazia, da funzionari irresponsabili e inamovibili, che con i tribunali disfano il programma del centrodestra. Questa operazione di sfascio conta sulle complicità di tecnostrutture dello Stato, sulla finanza dei salotti che non vogliono la nascita di outsider, sui media di cui sono espressione. Che fare? Andare avanti, certo, ma ci sono molti modi per farlo. La domanda che deve porsi Giorgia Meloni è quella del suo tempo e quello degli avversari, del carpe diem, del cogliere l’attimo. Oggi è forte, l’assalto delle toghe ha fatto balzare il consenso, la sinistra è a pezzi, la destra è unita. E gli italiani hanno capito. Non c’è una crisi di governo, ma c’è una crisi di sistema, l’hanno aperta i magistrati.