Meloni indagata, Calenda contro le toghe: "Surreale, non può accadere in nessun Paese occidentale"
Il procedimento che ha portato la Procura di Roma ad iscrivere nel registro degli indagati il premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, è nato da un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti - fedelissimo di Romano Prodi - in cui si ipotizzano i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri. Nella denuncia si chiede ai pm di piazzale Clodio che vengano "svolte indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici di Almasri, nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia".
Immediata la reazione delle opposizioni, pronte a cavalcare il caso. Ma c'è anche chi va controcorrente: nel caso, Carlo Calenda. Su Almasri "il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani", ha premesso in una nota il leader di Azione. "Dopodiché - ha aggiunto - che un presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente ad una 'ragione di Stato' (mai ammessa) è surreale e non accadrebbe in nessun altro paese occidentale. Si saldano cosi due errori e si riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato. Non un bello spettacolo", conclude Calenda. Una differenza sostanziale rispetto alle sparate manettare piovute a tempo record dai vari Fratoianni e Bonelli, giusto per fare due nomi.
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