Comunismo come nazismo? Zingaretti svela il vero volto Pd: "La storia non si scrive nei Parlamenti"
Guai a chi tocca l’Unione Sovietica, Stalin e la falce e martello. Giù le mani dai mostri sacri del comunismo e su il pugno sinistro chiuso. Vietato fare i conti con una lunga storia di morte e povertà. I compagni del Pd, quelli dell’allarme fascismo anche se alzi il braccio per prendere un barattolo sulla mensola, si fanno riconoscere pure oltre confine.
Strasburgo, plenaria dell’Europarlamento, si tratta di votare se approvare o meno il divieto di esporre svastiche, simboli comunisti sovietici e della recente aggressione russa all’Ucraina negli spazi pubblici di tutto il continente. E i dem cosa s’inventano? Escono dall’aula per non esprimersi. Se ne lavano le mani. E la toppa, come sempre, è peggio del buco. Nicola Zingaretti, il capo delegazione, spiega che «non si scrive la storia nei Parlamenti» e storce il naso davanti a quella parificazione tra la croce uncinata e la falce e martello, «sullo stesso livello», che proprio non gli va giù. Qualcuno, vedi Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra della coppia d’oro Ilaria Salis-Mimmo Lucano (unico a sfilarsi Ignazio Marino), riesce però a fare peggio e vota contro. Fratelli d’Italia e Forza Italia, invece, accendono la luce verde, mentre la Lega (contrariamente a quasi tutto il gruppo dei Patrioti di cui fa parte in Europa) si astiene. Stando a quanto filtra da Strasburgo, per un principio di «libertà», perché «le ideologie totalitarie, condannate e sconfitte dalla storia, vanno combattute con le idee e non coi divieti».
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Se nel 2019 il Parlamento Europeo si era dovuto esprimere sull’equiparazione netta di nazismo e comunismo, visto e considerato che dopo il processo di Norimberga c’era «ancora un’urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo», e il Pd votò a favore seppur con turbolenti mal di pancia interni, stavolta il tema di partenza era tutt’altro. La risoluzione, presentata da Popolari, Socialisti, Conservatori e Riformisti, Verdi e Renew si intitolava “Disinformazione e falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina”. E al paragrafo 14, quello incriminato, oltre alla messa al bando dei simboli dei regimi si proponeva anche la costruzione di un monumento, a Bruxelles, a ricordo delle vittime dei totalitarismi. Nemmeno questo era gradito alla sinistra italiana? Chissà.
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I piddini, per non farsi mancare nulla, hanno poi disertato l’aula anche quando si trattava di esprimere il voto finale alla risoluzione (che è stata comunque approvata con 480 sì, 58 no e 48 astenuti), al contrario di quanto fatto dai compagni della grande famiglia socialista europea. La giustificazione, nemmeno a dirlo, è tragicomica. «Rifiutiamo l’idea che una risoluzione sulla condanna della attività di disinformazione dell’attuale regime in Russia, valutazione che condividiamo, diventi uno strumento per promuovere ricostruzioni che dobbiamo lasciare agli storici e non al conflitto politico. Non spetta al Parlamento riscrivere la storia dell’Europa e per questa ragione abbiamo deciso di non partecipare al voto su una iniziativa che è diventata strumentale», si legge in una nota del gruppo Pd. Non però in nome dell’europarlamentare Pina Picierno, ieri assente a Strasburgo per motivi di salute: «Il contenuto della risoluzione approvata è, a mio avviso, centrale perché per la prima volta si affronta in modo sistematico il substrato culturale nel quale la propaganda putiniana viene divulgata, tramite una saldatura culturale e politica preoccupante che unisce radici totalitarie e autocrazie. Il mio voto sarebbe stato in linea con quello dei Socialisti».
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Tra le stanze dell’Europarlamento, però, le vere motivazioni che hanno spinto il Pd a sfilarsi al momento del voto non sono quelle di facciata affidate ai comunicati stampa. È piuttosto una questione storiografica. I duri e puri, infatti, si commuovono ancora quando si parla di Unione Sovietica: l’ultimo baluardo al nazi-fascismo- un fantasma per loro semprer ricorrente, anche dopo settant’anni - durante la Seconda Guerra Mondiale. E poco importano le decine di milioni di morti affamati dai piani quinquennali e le purghe staliniane. Dimenticano pure il patto Molotov-Ribbentrop stretto con la Germania di Hitler per dividersi l’Europa in sfere d’influenza esclusive. La Grande Russia, che un secolo dopo ci riprova, sobillando i cittadini col culto della vittoria. Non a caso, con l’invasione dell’Ucraina, sono rispuntate le bandiere rosse con la falce e il martello. E al Pd di casa nostra sono venuti i lucciconi. Guai a chi gliele tocca.