Elly Schlein, lo strappo di Delrio: "Jobs Act? Io dico no al referendum"
La questione non è così semplice come, da Roma, può apparire. Vista dal Nazareno, le cose stanno così: il Pd di Matteo Renzi, che aveva portato l’erede dei grandi partiti di sinistra verso posizioni di liberismo, aveva fatto il Jobs Act; il Pd di Elly Schlein, che lo ha riportato su posizioni più nettamente di sinistra, lo critica e fa campagna referendaria per abolirlo. Solo che, in mezzo, ci sono quelli che, allora, lo hanno votato (e sono tuttora parlamentari del Pd), ma anche i militanti, gli elettori a cui, pochi anni fa, era stato spiegato che questa era una riforma buona e giusta. Come spieghi che, ora, è da cancellare? A porre il problema, è stato, ieri, Massimo Gazza, segretario provinciale del Pd di Reggio Emilia, una delle federazioni più rosse d’Italia. Proprio lui, ieri, ha invitato i vertici Pd a riflettere. «Ritengo utile avviare una riflessione approfondita per costruire una posizione unitaria e condivisa del partito democratico di Reggio Emilia» ha detto all’agenzia Dire. Cerchiamo un confronto, una sintesi, ha insistito il numero uno dei dem reggiani, perché «il tema del lavoro è nodale per il nostro territorio e per il Paese e merita di essere centrale nella proposta politica del Pd».
Parole che lasciano trapelare una certa preoccupazione rispetto alle divisioni che si vedono emergere su un tema così identitario come il lavoro. Per esempio un senatore Pd, Graziano Delrio, peraltro di Reggio Emilia, si è smarcato dalla posizione della segretaria nazionale, dicendosi contrario alla consultazione per cancellare la legge. «È legittima la posizione della segretaria Schlein», ha detto a Rainews24, «ma noi abbiamo approvato il Jobs Act - a suo tempo- per il superamento di diverse carenze nella difesa diritti dei lavoratori: le dimissioni in bianco, i cocopro, la precarietà, ed era previsto già da allora anche il salario minimo, battaglia del Pd. Quindi», ha aggiunto Delrio, animatore lo scorso sabato di un evento che ha riunito a Milano i cattolici dem, «sui punti specifici ci possono essere differenze ma non rinnego quello che facemmo, perché mandò avanti il Paese: non approvo il referendum, troveremo una sintesi tra tutti, ma non mi pare che il complesso del Jobs Act meriti una battaglia politica di cancellazione».
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La stessa posizione è stata espressa da molti riformisti dem che, lo scorso week end, hanno partecipato all’assemblea di Libertà Eguale a Orvieto, segno di una connessione tra cattolici e riformisti. Stefano Ceccanti, per esempio, ha già le idee chiare su quello che farà il giorno della consultazione: «Ritirerò solo la scheda sulla cittadinanza». I referendum sul jobs act, ha detto in una intervista al Giornale, «guardano solo al passato, e a mio parere sono da bocciare. Ora vedremo chi è interessato a guardare solo indietro. Di certo i quesiti sul Jobs act sono pensati per dividere la sinistra». E a Orvieto, contro il quesito per abrogare il jobs act, si era pronunciato anche Maurizio Del Conte (presidente dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro). Anche Elisabetta Gualmini, eurodeputato del Pd, ha preso le distanze dal referendum abrogativo. Ma Elly Schlein non sembra intenzionata a cambiare idea. «Sui temi economici e sociali la segreteria ha registrato non solo un avanzamento elettorale ma anche una riconnessione sentimentale con mondi che ci avevano abbandonato», ha detto ieri Marco Sarracino, componente della segreteria nazionale. «Tutti i candidati alla segreteria dell’ultimo congresso hanno sostenuto il superamento del Jobs Act».