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Sechi: la tregua a Gaza è la prima vittoria di Trump

Mario Sechi
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È arrivata la tregua, ma la pace non c’è. L’accordo tra Israele e Hamas è tutto da costruire (e mantenere), sappiamo che si basa su uno scambio di prigionieri in varie fasi e poco altro. C’è un vincitore, si chiama Donald Trump.

A cinque giorni dall’Inauguration Day, il 47esimo presidente degli Stati Uniti incassa un successo diplomatico che Joe Biden ha inseguito a vuoto per 467 giorni. C’è chi dice che Netanyahu esca sconfitto e ridimensionato dall’accordo, ma la storia politica di Bibi è un manuale di sopravvivenza, mostra la sua capacità di adattarsi, calcolare, trasformare lo scenario.

Quest’uomo si è dimostrato un eccezionale leader di guerra, dopo la debacle e la strage degli ebrei del 7 ottobre 2023 ha ribaltato il Medio Oriente e 15 mesi dopo egli è vincitore sul campo di battaglia: Hamas è una gang di tagliagole zombificata, Hezbollah in Libano è un lontano ricordo di quello che era, tutti i leader più sanguinari sono stati uccisi, l’Iran è un regime che potrebbe tirare le cuoia da un momento all’altro. Netanyahu ha creato le premesse per un grande sottosopra sulla scacchiera del Medio Oriente che, a questo punto, aspetta soltanto le mosse di Trump.

La mappa è quella degli Accordi di Abramo, tracciati dall’amministrazione Trump e dall’allora segretario di Stato Mike Pompeo, il partner principale è l’Arabia Saudita, il beneficiario è naturalmente a Washington e a Gerusalemme, il perdente è a Teheran, è l’Iran a essere con le spalle al muro, il mito della Grande Persia svanisce. I nemici della pace sono prima di tutto gli ayatollah. E certamente si muoveranno per sabotarla, mentre Trump ha bisogno di stabilità per far correre la sua politica economica fatta di bastone e carota, dazi e penetrazione delle grandi imprese americane dove c’è espansione, energia e difesa preventiva. Le guerre sono lontane dalla sua visione del mondo, ma è pronto a scatenare la macchina militare americana se questo disegno dovesse incontrare ostacoli. La domanda è sempre quella: dov’è l’Europa? È fuori dai giochi, è ancora quella definita da Henry Kissinger, un gigante economico, un nano politico, un verme militare.

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