Landini al congresso sull'antifascismo? Con lui c'è anche l'Usigrai
Usigrai...Di tutto, di più. Nel congresso del sindacato (non più) unitario dei giornalisti Rai, iniziato ieri a Milano Marittima (Ravenna), è bastato un giorno solo di dibattito per sprofondare nelle aride secche che vanno dall’antifascismo all’antiberlusconismo. Temi attuali quanto la preistoria nel luogo in cui si dovrebbe discutere del futuro del servizio pubblico e della professione giornalistica esercitata all’interno della Rai. Usigrai, però, non molla e più che all’analisi reale dei fatti, preferisce darsi la carica da sé, lanciando uno slogan fondato su tre parole: Solidarietà, Libertà, Diritti a comporre l’acronimo Solidi, nonostante il sindacato di sinistra Rai, si trovi in realtà a fare i conti con una condizione che sembra essere l’esatto opposto della solidità.
Meno di 1400 gli iscritti su 2mila giornalisti con un sostegno attivo alla linea del direttivo fondato su 900 volenterosi che, però, non sono bastati a bloccare il servizio pubblico nel giorno, lo scorso 6 maggio, che era stato designato come l’inizio della nuova battaglia dall’interno contro lo strapotere di una TeleMeloni che continuano a vedere praticamente solo loro. Al segretario nazionale di Usigrai, (costretto a un bis con un calo netto di sostenitori per mancanza di alternative) non resta che agganciarsi al carro della retorica, citando l’inoppugnabile discorso del presidente della Repubblica sui valori costituzionali dell’antifascismo e poco di più in termini di avanzamento delle condizioni lavorative e contrattuali dei giornalisti. La sigla, d’altra parte, si trova in tutt’altre faccende affaccendata. Alle prese con la grana dei circa 160mila euro spariti dal bilancio (la nota vicenda ammanchi ancora sub iudice) oltre alla nascita di un sindacato libero, Unirai, che in pochi mesi ha raccolto oltre 400 adesioni e di cui Usigriai si è spesso fin troppo occupata. Un particolare, quest’ultimo, che rischia addirittura di creare ulteriori grane giudiziarie al sindacato di sinistra, con un possibile annullamento del congresso in corso. Esistono, infatti, diffide sul ruolo dei Cdr e sul fatto che sia palesemente illegittimo il considerare i cdr organismi di base di Usigrai dal momento che non è più il sindacato unico della categoria. Questioni di sostanza attorno alle quali, probabilmente, si dovrebbe concentrare più attenzioni.
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Ieri era il giorno degli ospiti di lusso e i panni sporchi (notoriamente) si lavano in casa. A portare gli omaggi del “sindacalismo” di lotta a prescindere è arrivato il numero uno della Cgil, Maurizio Landini che, in vena di lectio magistralis ha pensato bene di mettere in guardia su un rischio di privatizzazione della Rai. Fino ad arrivare all’immancabile presidente pentastellata della Commissione di Vigilanza sulla Rai, Barbara Floridia scesa in campo a difendere il congressista Usigrai che ieri era protagonista più di altri: quel Sigfrido Ranucci che con il suo Report ha pensato di riesumare le vicende di Silvio Berlusconi, indagato, processato e ancora (dopo trent’anni) angariato pure post mortem dall’ultima puntata del programma di RaiTre. La difesa che colleghi di partito e familiari hanno fatto della memoria del defunto Cavaliere sono stati paragonati a un nuovo editto bulgaro. A questo vacuo chiacchiericcio tardonovecentesco si è ridotto il congresso del sindacato interno alla più grande azienda culturale d’Italia. Un ruolo fondamentale e nobile se solo fosse trattato sine ira et studio. Ma forse è chiedere troppo.