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Paolo Gentiloni ha già trovato un nuovo lavoro a Repubblica: a cosa punta...

Daniele Capezzone
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L’Epifania, come si sa, ricorre il 6 gennaio. Ma, nel caso di Paolo Gentiloni, notoriamente soprannominato “er moviola”, pure l’Epifania è arrivata al rallentatore, con una settimana di ritardo, e cioè ieri, 13 gennaio. Ieri mattina infatti, in posizione nobile (in gergo si direbbe: una spalla alta e ben visibile), la prima pagina di Repubblica ha annunciato l’avvio della collaborazione dell’ex commissario Ue con il quotidiano del gruppo Ge di. Chi legge Libero sa già molto dal 28 dicembre scorso: come il nostro giornale ha scritto allora, è proprio il fantasma di Gentiloni a togliere il sonno a Elly Schlein, che vede nell’ex premier in quota Pd il più credibile avversario nella corsa alla premiership del centrosinistra nel 2027.

Altro che Ernesto Maria Ruffini o altri animatori di cespugli centristi: quelli non danno alcun fastidio a Elly. Anzi: fosse per lei, vorrebbe perfino una lista dei dc di sinistra, un quarto cespuglio – appunto – da affiancare a grillini, rossoverdi e piueuropeisti. Ma quelli – i democristiani – non ci cascheranno: e realisticamente useranno convegni e influenza mediatica non per costruire una lista (che poi dovrebbe faticosamente andare a caccia di voti), ma solo per trattare più seggi sicuri dentro il listone del Pd. Si tratterà di accontentarli – fanno già i conti al Nazareno – con dieci posti sicuri alla Camera e cinque al Senato. E a quel punto il “disagio” cattodem, per magia, svanirà istantantaneamente. Il problema di Elly – invece – è proprio Gentiloni, che punta al bersaglio grosso, e cioè al ruolo di federatore e leader. La preferenza dell’ex Commissario Ue, naturalmente, sarebbe per il Quirinale: ma il 2029 è molto lontano, e poi è probabile che anche il Parlamento chiamato a quella scelta possa essere a forte maggioranza di centrodestra. E allora? E allora ecco la partenza di una sorta di campagna “Gentiloni 2027” come leader del centrosinistra. Lui – Paolo er moviola – si sente una sorta di “Draghi minore”, è titolare di una vasta rete internazionale (a Parigi lo adorano), è ascoltatissimo al Colle, e soprattutto è persuaso (su questo ha ragione) di non avere veti contro di sé: in parole povere, è convinto di portare in dote anche due intese distinte con Renzi e con Calenda, in aggiunta alle liste che già stanno nella coalizione di centrosinistra. Ovviamente, secondo antico costume, dalle parti di Gentiloni hanno calcolato tutto tranne il popolo: in tempi di turbopolitica mediatica, pare infatti davvero difficile che possa essere un profilo come quello di Gentiloni il più adatto a sfidare Giorgia Meloni in una gara di popolarità e di connessione con l’Italia reale. Ma l’ex commissario Ue punta su altre carte: la possibilità di allargare la coalizione alle componenti centriste e il fatto che la sua “leadership light” non troverebbe obiezioni forti. Quanto a Schlein, come abbiamo scritto il 28 dicembre, nello schema di Gentiloni dovrebbe rimanere segretaria del Pd: quindi continuerebbe a intestarsi la crescita del partito, ma senza guidare l’intera alleanza.

E lui? Nell’esordio su Rep, per non scontentare nessuno a sinistra, ha scelto il solito schema: melina a centrocampo e tattica da zero a zero. Gran retorica sulla necessità di una “scossa europea”; citazioni lusinghiere di Mario Draghi e di Enrico Letta, sempre in chiave eurolirica; fervorino anti-Musk, pur senza citarlo esplicitamente, con elogio della mappazza regolatoria europea (il cosiddetto Digital services act) che in realtà conferma la nota e triste regola per cui, mentre l’America innova, Bruxelles sa solo immaginare gabbie normative antistoriche. Ma – diciamocelo – nessuno si aspettava chissà quali novità contenutistiche da Gentiloni, e meno che mai dal suo articolo d’esordio. Il messaggio era ed è solo uno, tutto politico e sintetizzabile in tre parole: «Io ci sono».

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