Vincenzo De Luca, è finita: scaricato dai suoi, pensa al ritorno a Salerno
La prossima mossa in Campania spetta ancora a Vincenzo De Luca. La conferenza stampa di venerdì è stata un flop. Molto rumore, per nulla. Il governatore avrebbe potuto far cadere la giunta e portare la Regione al voto prima della pronuncia della Corte Costituzionale sulla legittimità della legge che egli ha imposto due mesi fa e gli garantirebbe la candidatura per il terzo mandato.
Non l’ha fatto, si è limitato a chiedere di potersi presentare «in nome del diritto degli elettori di scegliere», e questo è letto da tutti come un atto di debolezza. «Significa che non aveva pronte le liste» commenta Simone Valiante, onorevole dem salernitano che nel 2018 Matteo Renzi sacrificò, non ricandidandolo, per fare spazio a Piero, il figlio di ‘O Sceriffo, come è chiamato De Luca senior dalle sue parti.
La storia del ricorso gli ha tagliato le gambe; il Pd campano è stato diabolico a votare in Consiglio Regionale la norma che cancella il tetto dei due mandati. L’approvazione ha consentito l’impugnazione da parte del governo e infilato il presidente in un tunnel. Difficile per lui ora trovare candidati forti da mettere nella sua lista personale per sfidare il Pd. Non è solo una questione anagrafica, connessa alla difficoltà di un 75enne di tenere insieme una squadra senza poter offrire prospettive di lungo periodo. Candidarsi con De Luca vorrebbe dire rompere per sempre con i dem e investire molti soldi in campagna elettorale con il rischio di vedersi invalidare l’elezione dalla Consulta. Mossa suicida. Perciò il governatore si è trovato con le liste vuote e ha dovuto rimandare la sfida, confidando in un verdetto favorevole a primavera, che gli consenta di correre.
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LA TRAPPOLA DI ELLY
«Elly Schlein ha tenuto duro e ha avuto ragione. Sta facendo una cosa rivoluzionaria per un segretario del Pd: mantiene la parola e privilegia la politica agli equilibri del potere», commenta Valiante. La leader dem ha dichiarato guerra da subito ai cacicchi meridionali. L’obiettivo del partito è riprendersi la Campania dopo quasi vent’anni, dopo gli errori di Walter Veltroni. Complice una serie di inchieste giudiziarie che si sono risolte tutte in nulla, l’allora leader eliminò dallo scacchiere Antonio Bassolino, diventato troppo potente e incontrollabile, e pensionò Ciriaco De Mita, che per protesta lasciò il partito.
Risultato: la Regione andò al centrodestra, con il forzista Stefano Caldoro, e cinque anni dopo il vuoto a sinistra fu riempito da Vincenzo De Luca, comunista trinariciuto convertitosi in capopopolo securitario. Il presidente riunì intorno alla sua figura le pecorelle smarrite ex ds ed ex Margherita, rimaste senza pastore, e mercanteggiò il suo consenso. La strategia per mantenere il potere è sempre stata chiara e spietata.
Blindatura dal partito a Roma, mani libere sul territorio per annientare chiunque si opponesse o potesse fare ombra. Questo fu il patto di ferro, cementato con Matteo Renzi, tant’è che c’è chi ipotizza che, uscendo dal Pd, De Luca potrebbe entrare in Italia Viva. L’avvento di Schlein ha cambiato tutto. «Carattere e volontà di ricostituire una classe dirigente dem», è l’analisi di Valiante. Anche se conserva la tessera, di fatto il governatore ormai è fuori dal partito.
«Non gli faremo certo il favore di cacciarlo, visto che si è messo alla porta da solo» sussurano i dirigenti del Nazareno. E infatti prende sempre più corpo l’ipotesi di un’uscita spontanea. Per giovedì prossimo il governatore ha convocato a Palazzo Santa Lucia una riunione dei suoi fedelissimi e l’opzione potrebbe essere sul tavolo. Una lista nazional-populista, capace di sfidare i grililni che non hanno saputo mantenere il reddito di cittadinanza e con il super bonus hanno finanziato e di far apparire il Pd come il partito dell’apparato.
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LA PORTA SEMI-APERTA
La mossa rimischierebbe le carte sulla scelta del candidato del campo largo. Era dato in pole position Roberto Fico, ma sarebbe sconfitto da De Luca. I dem valutano profili alti, dall’ex ministro Enzo Amendola al sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che non vuole ma consentirebbe di liberare il Comune per l’ex presidente di M5S, fino al primo cittadino di Portici, Vincenzo Cuomo, che ha trasformato la sua città nel salotto del Golfo. Discorsi prematuri.
La realtà è che il partito vuole vincere ma non stravincere. Per il governatore la porta resta semi-aperta: un ritorno a Salerno da sindaco sarebbe soluzione auspicabile, vista dal Nazareno, ma bisogna farla digerire al presidente uscente. L’accordo per un salvacondotto politico al figlio e una scelta più o meno condivisa del profilo del successore potrebbero essere la merce di scambio. «Il governatore sta prendendo tempo; in conferenza stampa ha buttato la palla fuori dal campo. Punta a dimostrare che, senza di lui, il Pd non esiste in Campania» chiosa Valiante. Ma Elly è convinta che le lancette corrano in favore suo e non di ‘O Sceriffo.