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Il piano del "centrino" per fermare il Meloni 2032

Mario Sechi
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Le idee progressiste sono in caduta libera in tutto l’Occidente perché si è preteso di imporle come un dogma, dalla cancellazione della storia alla pretesa di soffocare il libero arbitrio, a cominciare dall’università e dai luoghi di elaborazione del pensiero, dove l’imperativo dovrebbe essere quello di coltivare il dubbio. In Italia la sinistra ha perso il potere a Palazzo Chigi, ma lo conserva saldamente negli apparati dell’alta amministrazione e della cultura, della burocrazia e dell’immaginario (perfino la Treccani mostra un palese pregiudizio morale).

Non avendo pronta un’alternativa alla premiership di Giorgia Meloni, la sinistra si dedica ad altro. Cosa? La difesa delle «casematte del potere» è il vero imperativo del Pd, mantenere il controllo della “macchina” invisibile dello Stato (la magistratura ne è la punta avanzata) e prepararsi a un indefinito «dopo» che nella loro mente è il «dopo Giorgia Meloni». Devono fare la traversata nel deserto e guardano a uno scenario più ampio, il «dopo» riguarda non solo il governo, ma anche il Quirinale, quando scadrà il settennato di Sergio Mattarella. In quel momento, la destra potrebbe eleggere il suo primo Presidente della Repubblica. Il vertice della Repubblica. Non è l’oggi in gioco, ma il domani.

È in questo scenario di crisi della sinistra che va letto il tentativo di ricostruzione di un «centro», per ora allo stato gassoso. Lo strappo di Ernesto Maria Ruffini, che dal vertice dell’Agenzia delle Entrate è passato al ruolo di comiziante nei circoli colti, è un nodo visibile, ma non è la trama. Altre mosse diverranno più chiare con il passare del tempo, i tessitori sono al telaio. L’operazione politica non è dal basso ma dall’alto, non è di massa ma di élite, non è per strappare il primato al Pd, ma per costruire una “squadra” pronta all’uso e condizionare le scelte dei nomi per i posti chiave del potere, quelli più in alto. Non è il popolo ma l’establishment. Non è il voto ma il Palazzo. Non è una corsa ma un posizionarsi, non è superare ma frenare, non è trionfare ma disinnescare. Cosa? Un’altra vittoria del centrodestra e il completamento di un ciclo politico lungo, il Meloni 2032.

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