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Grande centro, solo un'illusione. E i cattolici sanno scegliere da soli

Corrado Ocone
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Bisogna dare atto questa volta ad Avvenire di avere avviato un dibattito su un tema non immediatamente politico, anche se con innegabili risvolti pratici. Con il contributo di uomini di Chiesa, accademici e intellettuali da qualche giorno il tema del futuro del cristianesimo viene sviscerato e affrontato in vari aspetti sulle pagine del quotidiano dei vescovi. Né sembra mancare la consapevolezza del carattere tragico che ha oggi la questione in una società come quella occidentale che sembra per lo più aver voltato le spalle alle sue radici cristiane. Anche nell’intervento di ieri del professor Zamagni, che un tempo avremmo collocato fra i cosiddetti “cattolici adulti” alla Prodi, questa tragicità fa in più punti capolino.

La domanda sollecita evidentemente anche una risposta sul ruolo e la presenza dei cristiani, in particolare dei cattolici, in questa società e nella politica, ma questa risposta non può sopportare soluzioni semplici e precostuite. Magari quelle aderenti ad una visione del mondo progressista, sotto vari aspetti agli antipodi dell’antropologia e della dottrina cristiane. Scansato questo equivoco, dovrebbe però essere evitato anche quello di suggerire, attraverso la scelta degli interlocutori, un’opzione centrista. Impegnarsi oggi nella costruzione di un Grande Centro è operazione fallimentare sia da un punto di vista politico sia da quello che più conta dell’identità cristiana: l’esperienza della DC non è oggi più proponibile. Quel partito ha svolto sicuramente nel suo tempo un ruolo fondamentale come diga di contenimento del comunismo e ancoraggio alle alleanze occidentali e atlantiche, tanto che autentici conservatori come Montanelli lo votavano pur turandosi il naso. Eravamo allora in un sistema doppiamente bloccato: a destra, con l’impossibilità per un partito conservatore di costituirsi, e a sinistra, a causa del cosiddetto “fattore K”.

 

 

 

Sbloccatosi il sistema, il posizionamento dei cattolici in un centro che voleva essere la gamba di un partito progressista, mutati i rapporti di forza, ha finito per snaturarli, rendendoli succubi di una cultura antitetica alla propria a cui spesso ci si è adeguati per mero opportunismo. Questo processo, intrecciandosi con la compiuta secolarizzazione della società, ha portato i cattolici a svolgere, nel peggiore dei casi, un ruolo di “utili idioti” della sinistra; dall’altro, nel migliore dei casi, a diventare una sorta di Ong tutta impegnata nelle faccende del mondo, un’agenzia etica al pari di altre che ha fatto perdere di vista quello che per i cristiani dovrebbe essere il compito principale da svolgere nella società: richiamare al senso del sacro e del mistero, della trascendenza e del limite degli umani (punto in cui il cristianesimo si incontra con il liberalismo, che è per sua natura fallibilista e antiperfezionista).

Oggi c’è bisogno di una Chiesa che indirizzi e conforti i cristiani ma solo spiritualmente, che non faccia politica, che non si adegui al pensiero dominante e ai falsi miti del mondo, che tenga care le sue radici impiantante nell’Occidente. Quanto ai cattolici, essi, nella loro veste di cittadini, sapranno poi ben scegliere la loro parte politica, autonomamente e senza guide. È da considerarsi forse un caso che, per fare solo un esempio, abbiano in America abbandonato in massa un partito democratico succube del nichilismo della cultura woke?

 

 

 

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