Pepe the frog, quando una ranocchia manda in tilt i compagni
Neanche chi scrive, che si annovera senza riserve tra i più accaniti fans del Cabaret Mussolini (leggi il crescendo surrealista con cui il mainstream alimenta quotidianamente la propria ossessione “antifascista” 5.0), poteva immaginare la vetta toccata ieri da Repubblica. La quale è passata dall’allarme-Duce all’allarme-Ranocchio. Non sappiamo se sia l’esito di un Capodanno più goliardico della media vissuto dal corrispondente negli Usa Antonello Guerrera, in ogni caso il punto di partenza della sua novella (chiamarlo articolo farebbe oggettivamente un torto all’inventiva artistica) sta nella preoccupazione principale di ogni antifascista contemporaneo: un’azione di Elon Musk.
Nella fattispecie: «L’uomo più ricco del mondo, re di Twitter e principe dell’imminente amministrazione Trump, s’è fatto ranocchio. In uniforme da gladiatore e con una console di videogiochi. Ma oltre all’immagine del profilo, per 24 ore su X Elon Musk ha cambiato pure il suo nome, ora Kekius Maximus». Avete inteso bene, il patron di Tesla ha temporaneamente cambiato foto e nome del suo profilo, siamo di fronte a un indizio di autoritarismo come non si vedeva dai tempi dell’omicidio Matteotti. Il corpo del reato è, appunto, di tipo anfibio, e consiste nelle fattezze di Pepe the Frog: rana-umanoide creata da Matt Furie come protagonista del fumetto Boy’s Club, poi diventata virale come meme online e, ci informa il segugio-partigiano di Rep, «negli ultimi anni icona dei suprematisti di destra in America», della «Alt Right forgiata da Steve Bannon» e del movimento “Maga”. Qui l’emozione della pugna contro il Ranocchio in Capo (anzi, Kapò) tradisce il cronista: Steve Bannon non ha “forgiato” l’Alt Right (movimento pulviscolare ormai estraneo alla sistematizzazione del popolo Maga, tra l’altro), al massimo l’ha cavalcata durante le origini del trumpismo.
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Gli stessi esperti di politica americana, peraltro, ci assicuravano fino all’altro ieri che l’anima tecno-libertaria di Musk stesse entrando in rotta di collisione proprio col più duro nazionalismo bannoniano, mentre ora il problema sarebbe che la prima adotta linguaggi e simboli del secondo. Ma non perdete tempo con la realtà, è la sua rappresentazione che conta, nel grande Zelig progressista. Ad esempio, l’icona anfibia è stata sfoggiata anche dai manifestanti che ad Hong Kong protestavano contro la stretta liberticida della Cina comunista, ma quello è un autoritarismo che non tira, nella Redazione Unica anti-muskiana, e viene prontamente omesso.
Piuttosto, dopo aver indugiato sull’immagine, si vanno a sezionare i pericolosi rimandi misterici dietro al nome scelto da Musk, Kekius Maximus. Anzitutto, e vorremmo fosse nostra iperbole, invece è citazione letterale: «Kekius sembra essere la versione latina di Kek, ennesimo scrigno di criptiche letture: nella mitologia egizia, Kek è il dio delle tenebre, spesso raffigurato proprio con una testa di rana». Siamo insomma in piena onda nero-esoterica, seppur con la variante ranocchia. È molto importante però aggiungere che «nel gergo dei videogiochi significa “ridere a crepapelle” e il joystick nell’immagine del profilo di Musk lo confermerebbe».
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Ride pure, questo inveterato suprematista, questo sudafricano bianco non a caso «cresciuto nel regime di apartheid», come da annotazione pertinente e per nulla maliziosa del cronista. Infine, è chiaramente “un indizio” (come di cosa? Ma di neonazismo dell’Illinois, sveglia!) anche “la tenuta da gladiatore del ranocchio”. “Perché”, e qui siamo al giornalismo investigativo più spinto, “Maximus, a sua volta, rimanda a Maximus Decimus Meridius, il leggendario Massimo alias Russell Crowe nel film Il gladiatore”. Ehm, non vorremmo deludere le attese republicones, ma che Musk sia un cultore della storia romana, e che teorizzi un nesso tra il ruolo civilizzatore di quell’Impero e l’America che torna grande, era noto anche prima dello scoop sulle squadracce anfibio-gladiatorie di X. Il resto del pezzo è un complottismo su Kekius Maximus come “memecoin” associato a una “criptovaluta” in cui “non è chiaro se il padrone di Tesla abbia investito personalmente” ma ci siamo persi.