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Il nuovo ritornello dei compagni: bisogna fermare la "tecnodestra"

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Francesco Storace
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Prima si giustificava tutto con la nostalgia del fascismo e quindi bisognava azzannare, cancellare, distruggere ogni “tentativo di restaurazione”, ancorché inesistente. Adesso, il salto di qualità, imposto al solito da Repubblica e vergato da Ezio Mauro. Il nemico da battere è più alto ancora, oltre alle idee possiede i soldi e quindi va fatta partire l’operazione che sollevi le democrazie del mondo dal rischio di prevalenza di nuovi barbari arricchiti.

La suggestione viene prima lanciata, poi offerta in pasto ai columnist a cui si fa ricorso quando la difficoltà da consenso calante annulla ogni prospettiva di attrattiva politica. E alla fine della giostra la si rilancia come prodotto del giornalismo internazionale che innesta l’allarme. Lo fanno da decenni e ora in maniera più sofisticata. Così, alla fine dell’anno si mettono in file tante belle parole, si lascia campo aperto al pensiero di un ex direttore dell’Economist come Bill Emmott e si serve una pietanza rancida al lettore. Dimenticando che la destra che avanza in tutto il mondo non è fatta solo di ricconi che giocano alla politica – è questo il pretesto per attaccare Elon Musk e la sua battaglia al fianco di Donald Trump e non solo – ma di popolo in carne e ossa che non sopporta più le barriere del pensiero woke e ne ha piene le tasche dei profeti di sventura della sinistra di ogni parte del globo.

 



E così arriva in soccorso la parola che caratterizzerà tutto il 2025: si indicherà come tecnodestra e rappresenterà l’ostacolo da abbattere per il mondo degli intellettuali (gli “intellò”) che hanno fallito ovunque nel loro sforzo ideologico. «Siamo in una nuova era, l’era della battaglia tra chi appoggia la tecno destra e chi visi oppone». È il parere di Bill Emmott, ex-direttore dell’Economist, sul dibattito aperto nei giorni scorsi proprio da un editoriale di Ezio Mauro su Repubblica. E nell’intervista al quotidiano di una sinistra in formato combattente e al tempo stesso assai rovinata sul terreno delle idee, Ellott sentenzia che «le iniziative di Musk non sono davvero una novità: i grandi imprenditori hanno sempre provato a influenzare la politica. La differenza è che una volta lo facevano comprando giornali e stazioni televisive, adesso con il web e con una audience internazionale. Musk è dunque qualcosa di nuovo e di vecchio: una sorta di Citizen Kane globale, per citare il magnate dell’editoria dell’omonimo film di Orson Wells».

Stiamo a posto. Ora sì che la classe operaia ha un posto in Paradiso... Dalli al miliardario che fa politica. Fino a poco tempo addietro, uno come Musk andava idolatrato per il suo sostegno ai democratici; oggi va fermato ad ogni costo. Tanto restano anime candide come George Soros e Bill Gates a difesa del fortino. Ancora meglio: nella sostanza del nuovo pensiero progressista non c’è spazio per comprendere che c’è chi il danaro lo guadagna con fantasia e creatività, innovazione e coraggio, mentre la sinistra Ztl vive col parassitismo da rendita. Ed è così che giù per li rami dipingono come xenofobo chi non può più lasciare che le proprie figlie prendano un treno locale rischiando aggressioni di razzisti al contrario. E così che Emmott si avventura nella descrizione della «nuova battaglia tra chi appoggia la tecno destra e chi vi si oppone». E i tecno- miliardari diventano – manco a dirlo – «una minaccia alla democrazia», che può «spingere verso l’autoritarismo». I voti popolari sono bazzeccole con cui non perdere tempo. In azione i cannocchiali, le impronte digitali, le fanfaluche degli osservatori democratici: prima a braccetto con Trump in America, poi con Farage nel Regno Unito, ieri il governo tedesco ha preso di petto Elon Musk accusandolo di volere influenzare le elezioni di febbraio in Germania. Ed Ellott ci vede «una tendenza e pure una campagna politica internazionale». E spiega il paradosso che individua: «Trump è un antiglobalista, il suo slogan è America first, prima l’America, e qui abbiamo il suo più stretto collaboratore che prova a interferire in elezioni in tutto il mondo. E questo rappresenta qualcosa di nuovo». Si sono scordati Milei.

Anche qui, si perde il valore della democrazia, il fascino di politiche che agitano un mondo rimasto senza idee, l’avvento di leadership che hanno qualcosa da dire al mondo a differenza di una sinistra che si volatilizza ovunque. E qui arriva la mitica parola d’ordine, la tecnodestra. Lo racconta proprio Emmott a Repubblica: è «un movimento che va oltre Musk, abbracciando molti dei tecno miliardari impegnati a combattere i controlli governativi sul proprio business, contrari alle regolamentazioni di ogni tipo. La deregulation, del web e non solo, è chiaramente un’agenda di destra. Ma non credo che queste persone abbiano in comune altre posizioni della nuova destra, come abbiamo già visto sulla questione dell’immigrazione, in cui Musk si è scontrato con altri esponenti del movimento Maga, tra cui Steve Bannon». Ah ecco, sono una specie di banda di fuorilegge. Solita musica, con parole più complicate da far capire al popolo. Ma abbiamo già dato. Tecnocrate sarà lei, risponderanno i bassifondi della democrazia globale. Si dovrebbe sapere ormai: nello scontro tra èlite e popolo, tra alto a basso, la sinistra sta sempre e da sempre assisa lassù...

 

 

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