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Salvini, il Viminale e il rimpasto: "Parlerò con Meloni e Piantedosi"

Elisa Calessi
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A pochi giorni dalla fine dell’anno, tagliato il traguardo della manovra, si torna a parlare di rimpasto. E se il partito della premier, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, chiude nettamente, la Lega, nella persona del suo leader, Matteo Salvini, riapre. 

L’innesco della discussione sono le voci, rimbalzate in un retroscena del Corriere della Sera, in merito a una per "super-clausola” che i leader del centrodestra avrebbero condiviso, al momento della nascita del governo, in base alla quale nessuno poteva assumere un incarico ministeriale in un ruolo già ricoperto. Dunque, a impedire il ritorno di Matteo Salvini al Viminale non ci sarebbe stato solo il processo su Open Arms - condizione ora venuta meno grazie all’assoluzione -, ma anche questo accordo. Nessuna conferma, però, arriva dalla maggioranza. E, anzi, ieri Salvini, lasciando il Senato dopo il voto sulla manovra, ha rilanciato rispetto alla eventualità di un suo ritorno al ministero dell’Interno: «Siamo tutti nelle mani del buon Dio», ha detto. 

 

 

 

«Il ministro dell’Interno l’ho fatto e penso discretamente. Adesso l’assoluzione toglie le scuse soprattutto alla sinistra che diceva “no Salvini non può occuparsi di immigrazione, di sicurezza, di interni» perché ero sotto processo. Ho tante cose da portare avanti al ministero dove sono, però sicuramente occuparsi della sicurezza degli italiani è qualcosa di bello ed importante. Matteo Piantedosi ha tutta la mia fiducia, poi ragioneremo sia con Giorgia sia con lui».

Quindi, incalzato dai cronisti, lungi dal fare passi indietro, ha aggiunto che uno fa il ministro dell’Interno e «se uno si occupa della sicurezza degli italiani per una nella volta vita, gli rimane dentro tutta la vita». E alla domanda se ne avesse parlato Meloni, la risposta è stata tranchant: «Se l’avessi fatto, non lo racconterei a voi». In ogni caso, ha smentito nettamente che la premier sia contraria a un suo ritorno al Viminale: queste «ricostruzioni», ha detto, «sono come il calciomercato del Milan, hanno la stessa attendibilità». 

 

 

 

Quanto all’ipotesi di rimpasto ta nei giorni scorsi anche dal senatore della Lega Claudio Borghi, il leader leghista ha precisato che «non si tratta di turnover: questo è un governo che gli italiani apprezzano, è stabile abbiamo l’obiettivo di arrivare al 2027. Sono assolutamente contento di quello che stiamo facendo, stiamo investendo centinaia di miliardi per migliorare la rete infrastrutturale italiana». Detto questo, «sicuramente avere occupato il ministero dell'Interno con risultati positivi è qualcosa che ricordo con estrema gioia ed estremo orgoglio».

 

 

 

Poco prima, però, a escludere un rimpasto era stato l’uomo più potente del governo, dopo Giorgia Meloni, ossia Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. «No, assolutamente. Non è proprio all’ordine del giorno e al momento non se n’è mai parlato», aveva risposto ai cronisti al Senato. «Se Salvini chiedesse di tornare al Viminale? Si può parlare di tutto, non c’è preclusione su nulla». Ma «un rimpasto si fa quando l’attività del governo ne troverebbe giovamento. Ad oggi non mi sembra ci sia questa esigenza». 

Quanto a Piantedosi, «è un ottimo ministro, così come Salvini all'Interno farebbe sicuramente molto bene, ma ad oggi non c’è un’esigenza di rimpasto», ha concluso. Sulla stessa linea anche il capo dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che, interpellato, ha risposto di ritenere che «la stabilità e la continuità» sono «un punto di forza dell’azione di questo governo e di questa maggioranza, per quanto riguarda la formula e le persone che compongono la compagine ministeriale». Quindi «non vedo le ragioni per parlare di rimpasto» e per procedere a cambiamenti, a meno che non ci siano promozioni come è accaduto nel caso di Raffaele Fitto». E chiudeva anche il suo omologo di FdI, Lucio Malan: «Non ne vediamo la necessità». Resta il fatto che, dal prossimo anno, alcune caselle dovranno essere riempite, almeno nei posti di sottogoverno: il ruolo di viceministro dei Trasporti, rimasto vacante dopo l’elezione di Galeazzo Bignami alla guida del gruppo Fratelli d’Italia alla Camera e quelle di sottosegretario all’Università e alla Cultura, occupate rispettivamente da Augusta Montaruli e Vittorio Sgarbi prima delle loro dimissioni. 

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