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Sondaggio 2024, psicodramma Conte: quanto ha perso il M5s

Salvatore Dama
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Per fare l’oroscopo dei partiti non bisogna interrogare le stelle. Basta guardare i sondaggi. Gli ultimi e quelli meno recenti, per capire come si muovono le tendenze e provare a interpretare che 2025 sarà per la politica italiana. Spoiler, subito: non ci sono sconvolgimenti all’orizzonte. Perché le forze in campo sembrano aver consolidato le proprie posizioni e mancano fattori capaci di stravolgere il quadro. Un’alternativa numerica allo scenario attuale non c’è. In Parlamento come nel Paese. Tradizionalmente in Italia governo e premier perdono consensi, soprattutto quelli che si reggono su una maggioranza politicamente orientata. Oggi in Italia le coalizioni restano distanti, con un centrodestra che consolida i suoi consensi e un centrosinistra che, pur recuperando terreno, resta solo un’identità numerica, priva di omogeneità e senza un progetto alternativo credibile di governo.

Per carità, la politica delle volte assume accelerazioni e curve imprevedibili. Ma, a oggi e al netto della conflittualità nella maggioranza, cresciuta in sede di stesura e approvazione della manovra, la previsione è questa: l’esecutivo che ha giurato nel 2022 potrebbe essere il primo a percorrere indenne l’intera legislatura. In passato c’era riuscito solo Silvio Berlusconi (quinquennio 2001-2006), ma con un pit stop al Quirinale per rivedere la squadra. E passiamo ai numeri. Quelli della supermedia Youtrend/Agi e quelli di Nando Pagnoncelli pubblicati ieri sul Corriere, che suggeriscono una riflessione sostanzialmente omogenea. Ipsos si focalizza sul gradimento del governo.

 

 

Che è al 41 per cento. In calo di tre punti rispetto a un anno fa, ma nessun dramma. Anzi, si tratta, sottolinea il Pagnoncelli, del decadimento assai meno significativo rispetto ad altre esperienze di governo recenti (Berlusconi IV e Renzi). Giorgia Meloni (che ha un punto in più, il 42) da un lato incassa il gradimento degli osservatori internazionali (Politico, The Economist, Le Monde), dall’altro riesce a tenere l’elettorato di Fratelli d’Italia che è rimasto fedele alla premier. E passiamo al dato dei partiti, incasellato dalla supermedia Youtrend/Agi. FdI sale al 28,9 per cento. È lo 0,1 in più rispetto ai sondaggi dell’anno scorso, in linea con le Europee e sopra il dato delle Politiche ‘22. La destra resta considerevolmente distante dagli alleati. Forza Italia consolida il secondo posto nella coalizione con il 9,1 (+2,3), la Lega tiene il passo all’8,7 (-0,1), Noi Moderati si conferma: 1,1.

Dati questi rapporti di forza, il tema della leadership è ingiocabile e questo è pacifico. Però i rapporti con gli alleati diventeranno un fattore quando si tratterà di affrontare alcune scelte. Soprattutto le candidature per le elezioni regionali, il Veneto in primis. Con la Lega che non ha alcuna intenzione di mollare l’osso, nonostante Fratelli d’Italia sia diventato il primo partito della coalizione al Nord. Ragionando, invece, in termini di coalizioni, la partita resta chiusa. Se si votasse domani, l’esito sarebbe scontato: il centrodestra arriva al 48,8, con un più 2,2 rispetto a dodici mesi fa. Anche il centrosinistra sale rispetto alla fine del 2023, di sei punti, al 31,5 per cento, trainato da Pd e Avs. Però qui va fatta una riflessione ulteriore. Sia in termini numerici che politici. La crescita del Partito democratico nei sondaggi consolida la leadership interna di Elly Schlein e mette la sordina alla litigiosità dei capi corrente. Il 23,3 (+4 per cento rispetto a dicembre 2023) fa dei dem il secondo partito, ma ciò complica il discorso alleanze. Perché i Cinquestelle non ci stanno a interpretare un ruolo subalterno e, anzi, Giuseppe Conte ha l’urgenza di mostrarsi sciolto da logiche di appartenenza se vuole risalire la china.

I Cinquestelle, sospesi tra rifondazione e psicodramma con il fondatore Beppe Grillo, pagano il conto: -4,8 rispetto a dodici mesi fa, per uno score che si ferma all’11,5 per cento. Pochino. E questo complica, non agevola, il percorso del cosiddetto “campo largo”. L’exploit della sinistra verde (+2,4 in un anno), poi, polarizza l’asse della coalizione, mentre servirebbe un ancoraggio al centro per attirare i voti che servono per colmare il gap con il centrodestra. E invece il fronte moderato paga dazio: Calenda, Renzi, +Europa, tutti in sofferenza.

 

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