Pd al verde: tra le sedi in vendita anche quella di Berlinguer
Berlinguer, ti voglio (s)vendere. Non sono più i tempi d’oro dei rubli russi e di Giuseppe Bertolucci e Roberto Benigni, rispettivamente regista e protagonista del “Berlinguer, ti voglio bene”, indimenticato ritratto cinematografico dell’Italia e del proletariato che furono. Piatto piange. Oggi la politica è marketing, la passione è secondaria; la qual cosa significa che il prodotto deve vendere, più che valere o servire. Fuor di cassa, tutto è relativo e anche il segretario dei segretari è chiamato a pagare dazio. La sua faccia viene arruolata dalla stravagante erede postcontemporanea, Elly Schlein, per comparire sulla tessera del Pd 2024 e racimolare iscritti, in cerca di un’identità dem che, per essere nuova, deve tornare indietro di quasi cinquant’anni. Tuttavia, in base ai moderni dettami dell’usa e getta imperante, il mito va bene come spot, ma non è necessario preservarlo come regole di rispetto e tradizione richiederebbero.
È così che, nella logica prosaica dominante, il partito si trova con i fondamentali della propria narrazione sotto sfratto. Questione di quattrini. Le sedi storiche del Pd, a Roma e in buona parte del Centrosud, sono in vendita. Tra queste, quella capitolina di Ponte Milvio, dove il “dolce Enrico”, citazione da Antonello Venditti, scendeva da via Ronciglione la mattina dei giorni elettorali per prendere dal partito i numeri delle preferenze da votare, prima di recarsi al seggio. Antico rito del tempo in cui il segretario non decideva prima a tavolino tutti gli eletti della Penisola, ma discuteva la linea e provava a selezionare i parlamentari con chi aveva i voti.
LO IMPONE LA LEGGE
Ponte Milvio dunque, dove ora c’è una mostra dedicata a Berlinguer che suona un tantino beffarda, ma anche San Lorenzo, il cuore rosso della Capitale, Montesacro, Ostia Antica, Portuense, Centocelle, Torpignattara e altre: i dem sono destinati a perdere i propri tentacoli nella città eterna perché non pagano l’affitto da anni e quindi i proprietari vogliono liberarsi di loro e degli immobili che occupano a questo punto abusivamente. Questo sia che i locali appartengano a privati, sia che siano di fondazioni legate ai dem, come Futuro Storico o Ds Base. Non che gli affitti siano esosi, soprattutto dati i prezzi correnti. Si tratta di poche centinaia di euro al mese, canoni di favore, ma ugualmente il Pd non scuce. Un po’ è perché non c’è davvero più una lira, un po’ perché tanto nei circoli non ci va più nessuno e molti sono deserti da anni.
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È anche un discorso di legalità, spiegano le fondazioni proprietarie. Ora c’è la spazza-corrotti: se non riscuoti la pigione, commetti reato e rischi un processo per finanziamento illecito al partito. Trattandosi di Pd, ancora non c’è stato, per la nota sintonia tra sinistra militante e piccola ma puntuta parte della magistratura inquirente, tuttavia è meglio non tirare troppo la corda. Non è più aria... Se si dà ascolto alla vecchia guardia, quella che comandava quando c’era ancora qualche soldo in cassa, non c’è speranza di miglioramento. Berlinguer sulle tessere è il tentativo disperato di recuperare militanti, chiamando in aiuto perfino l’altro mondo. Schlein ha ereditato un partito passato in due anni da 300mila aderenti a poco più della metà. La faccia del segretario che fu è in vendita a 25 euro (tanto costa la tessera), con l’obiettivo di toccare almeno le 200mila sottoscrizioni. Prezzo di saldo per raggiungere lo scopo. Pensare che ai tempi del mito regnante, il Partito Comunista pretendeva da chi voleva iscriversi che sborsasse la paga di un giorno. Certo, c’è da riconoscere che allora ti davano almeno qualche cosa in cambio. Invece oggi...
COMPAGNI CAPITALISTI
Attenzione però. Nella vicenda della (s)vendita delle vecchie sedi non c’è solo un tradimento al mito e alla storia. I militanti che protestavano l’altro giorno davanti al circolo di San Lorenzo si sentono truffati. Il Pci ha comprato gli immobili tra gli anni ’50 e gli anni ’70, con il sacrificio degli iscritti, che si autotassavano. Oggi, come detto, essi sono gestiti da una galassia di associazioni che ruotano intorno alla fondazione Berlinguer. Il Pd vorrebbe subentrare, naturalmente a prezzo super agevolato ma facendosi carico dei debiti, e qui qualche ragione il partito l’avrebbe pure. I proprietari però non vogliono sentire ragioni: la storia del Pci e Berlinguer valgono bene una tessera da quattro spiccioli ma non una rinuncia economica. D’altronde, da tempo i figliastri del comunismo si sono convertiti alle logiche di mercato. «C’è un numero di telefono in bella mostra sul cartello “Vendesi”. Chi è interessato, può comporlo, a patto che si presenti con un’offerta equa» spiegano i gestori degli immobili.