Viktor Orban esulta per Open Arms: "Un bene per l'Europa"
Non sono le 19.40 che a Montecitorio scoppia l’applauso. «Matteo, Matteo». Prima più timido, solo qualche deputato di centrodestra, poi sempre più marcato: si sta spargendo la notizia, rimbalzano i tweet, le agenzie di stampa hanno appena battuto che Matteo Salvini è stato assolto, con formula piena, perché il fatto non sussiste, dal tribunale di Palermo nel caso Open Arms. Alla Camera è in corso la seduta per il voto finale della manovra, i banchi del centrodestra hanno un momentaneo sussulto, per una manciata di minuti l’Aula si ferma. A presiedere c’è il forzista Giorgio Mulè che deve richiamare alla prosecuzione dei lavori: «Andiamo avanti», dice (poco più tardi sarà lo stesso Mulè a mandare «un abbraccio a Salvini alla luce di un verdetto che gli restituisce, anche dal punto di vista giudiziario, quella serenità turbata dall’inchiesta»).
Epperò la reazione alla sentenza travalica il palazzo. La prima a intervenire è la premier Giorgia Meloni che esprime «grande soddisfazione» per «un giudizio che dimostra quanto fossero infondate e surreali le accuse» rivolte al segretario della Lega. Difendere i confini italiani «non può essere mai un crimine», scrive, poco dopo, la presidente su X: «Proseguiamo insieme, con tenacia e determinazione, per combattere l’immigrazione illegale, il traffico di esseri umani e difendere la sovranità nazionale».
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Tutto il governo si accoda alle parole di Meloni, mentre anche Salvini dice la sua e dall’Open Arms fanno sapere che proporranno appello alla decisione dei giudici «coraggiosi», come li bolla, invece, il ministro della Giustizia Carlo Nordio per il quale «questo processo non si sarebbe nemmeno dovuto iniziare. Grave è stata la decisione politica di autorizzarlo, in contrasto con la legge costituzionale che tutela la carica ministeriale. Processi come questo, fondati sul nulla, rallentano l’amministrazione della giustizia e sprecano risorse. Dopo l’agonia del processo Stato-mafia e questa assoluzione, credo sia necessaria una riflessione sul nostro sistema imperfetto».
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«È un grande giorno per l’Italia», rincara il collega dell’Istruzione Giuseppe Valditara, «c’è un giudice a Palermo». Mentre per il responsabile del Viminale, quel Matteo Piantedosi che, nei fatti, ha preso il posto proprio di Salvini: «La verità è che la strategia contro l’immigrazione irregolare attuata dall’allora ministro dell’Interno Salvini rappresentava coerentemente la linea politica del Governo Conte 1, collegialmente perseguita dall’esecutivo con il sostegno della maggioranza parlamentare. I magistrati hanno riaffermato questo principio che è fondamentale per assicurare un corretto rapporto tra i poteri dello Stato. Da cittadino e da ministro sottolineo l’importanza di questa sentenza che riafferma un principio importantissimo: non si può mettere sotto processo la linea politica di un governo. Di questo si stava parlando a Palermo».
Ha ragione, Piantedosi. E lo ribadiscono Tommaso Foti (Affari europei: «Tutto il governo è molto soddisfatto»), Francesco Lollobrigida (Agricoltura: «Non si tratta solo di una buona notizia sul piano personale, ma di un segnale importante per tutti coloro che credono nella giustizia e nelle istituzioni»), Roberto Calderoli (Affari regionali: «Non sono per nulla sorpreso, non mi aspettavo un altro esito semplicemente perché non lo ritenevo in alcun modo possibile»).
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Il coro della Lega è compatto: «Giustizia è fatta», dicono i capogruppo di Camera e Senato Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, sintetizzando i commenti (tanti) degli esponenti del Carroccio che si sovrappongono, «difendere i confini del nostro Paese non è un reato, ma un diritto-dovere. Salvini, nell’esercizio delle sue funzioni di ministro, ha fatto quello che gli italiani gli hanno chiesto».
«Avevo ragione io e avevano torto quelli che hanno bocciato la mia relazione di presidente di giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama», ricorda poi il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri, «purtroppo, l’uso politico della giustizia ha visto il Parlamento protagonista con un atteggiamento di prevaricazione delle sinistre, che hanno bocciato il mio lavoro per prendere una decisione abnorme, illegale e incostituzionale». La solidarietà a Salvini viene anche dall’estero: «La giustizia ha prevalso», commenta infatti il premier ungherese Viktor Orban, tra i primi a congratularsi col ministro leghista, «bravo Salvini! Un’altra vittoria per i patrioti».