Open Arms, tutte le accuse a Salvini smontate una per una
Tra due giorni si saprà se Matteo Salvini sarà assolto dall’accusa di sequestro di persona o se sarà condannato. L’accusa nella requisitoria finale ha chiesto 3 annidi carcere per il leader della Lega e un risarcimento (ai migranti e alla Ong) di un milione di euro. A decidere il futuro di Salvini sarà il tribunale di Palermo, dove è in corso il processo. Nelle righe che seguono abbiamo messo a confronto le accuse che i pm hanno rivolto al vicepremier e le motivazioni portate avanti dalla sua difesa. A costo di sembrare di parte ci siamo fatti l’idea che le accuse non stanno in piedi e che quello di Palermo rischia di sembrare un processo politico.
1-L’accusa più grave mossa a carico di Matteo Salvini è quella di «sequestro di persona», ovvero degli oltre cento clandestini a bordo della Ong spagnola Open Arms. Per i pm Salvini, impedendo lo sbarco, avrebbe limitato la libertà dei migranti senza una giustificazione legale.
Non è così. Salvini e la sua difesa al processo, condotta dall’avvocato Giulia Bongiorno, sostengono che la scelta di restare in mare per 14 giorni è stata del capitano della Open Arms, che si è rifiutato di fare rotta verso la vicina Libia, non ha chiesto alla Spagna (Stato di bandiera della nave) un porto sicuro, ha ignorato l’invito della Spagna a rivolgersi alla Tunisia. E non è tutto: davanti alla disponibilità di Malta di far sbarcare i migranti, si è rifiutato, dirigendosi verso l’Italia. Sicuri che sia stato Salvini a limitare la libertà personale?
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2-L’accusa sostiene anche che i diritti umani fondamentali dei migranti siano stati violati.
Abbiamo già visto che non è così. Sarebbe bastato scegliere uno dei porti sicuri offerti a Open Arms. E poi non dimentichiamo che quelli a bordo della nave erano persone che volevano entrare clandestinamente nel nostro Paese.
3-Tra le mancanze mosse a Salvini c’è anche quella relativa alle condizioni nelle quali sarebbero stati costretti a vivere i migranti a bordo della Open Arms.
Su questo punto la difesa di Salvini è stata chiarissima. Nonostante la faccenda non fosse di competenza delle autorità italiane, esse hanno assicurato per tutti e 14 i giorni di fermo la massima assistenza alla nave. Si sono occupate di far sbarcare i migranti bisognosi di cure e una volta arrivato dalle autorità giudiziarie il sequestro della nave e l’ordine di far sbarcare in Italia tutti i migranti, beh, nessuno di loro ha dovuto ricevere particolare assistenza medica. Durante le testimonianze avvenute al processo, gli esperti hanno confermato che le condizioni generali dei migranti sbarcati erano discrete. Di più, a testimonianza che la situazione sulla nave era tutto che fuori controllo, c’è l’episodio che vede coinvolto l’attore americano Richard Gere: nel pieno della presunta crisi umanitaria lo statunitense si presenta sulla nave con codazzo di fotografi che vengono fatti salire sulla Open Arms. Se la situazione fosse stata così drammatica, difficilmente si sarebbe potuto svolgere tutto il teatrino mediatico. Non a caso, quando Gere è stato chiamato a testimoniare al processo, ha preferito declinare per impegni professionali.
4-Per l’accusa i passeggeri dovevano sbarcare subito anche perché «nessuno dei testimoni ha confermato la presenza di terroristi e criminali a bordo.
Perdonateci l’ironia, ma a questa accusa non possiamo che immaginarci la scena. Le forze dell’ordine salgono sulla nave e chiedono ai passeggeri, uno per uno, “scusi, lei è un terrorista?”, “scusi, lei è un criminale?”, “scusi, lei è uno scafista?”. Ecco, ci siamo capiti.
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5-Un altro dei nodi principali sui quali si basa l’accusa contro Salvini è che la sua sia stata una decisione personale e non di carattere politico e ancora che sia stata un’iniziativa non collegiale del governo che Salvini avrebbe preso da solo per, dice l’accusa, ovviare al fallimento dei decreti sicurezza.
Questa è l’accusa più incomprensibile. Il primo provvedimento che fermò in mare la Open Arms venne firmato non solo da Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, ma anche dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e dal ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Toninelli, ascoltato a processo, ha infarcito la sua testimonianze di «non ricordo», ma la firma su quel primo documento resta ben visibile. È poi improbabile che un ministro prenda un’iniziativa del genere senza che il presidente del Consiglio, all’epoca Giuseppe Conte, non solo non ne fosse a conoscenza, ma non fosse d’accordo con quell’azione. Eppure anche Conte, in più occasioni, disconobbe queste decisioni. C’è poi un altra circostanza che ci fa dire che quella su Open Arms fu una decisione collegiale, politica e non personale del ministro.
Quando venne denunciato, il tribunale come da prassi mandò gli incartamenti a Roma per chiedere l’autorizzazione a procedere al parlamento. In un primo momento la richiesta venne respinta dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere, con i voti decisivi dei grillini e dei renziani. La motivazione addotta al respingimento di mandare a processo fu la seguente: «La responsabilità del ministro non era esclusiva». Poi quando il governo gialloverde cadde e nacque quello giallorosso, i nuovi equilibri politici convinsero grillini e renziani a cambiare idea sul mandare Salvini a processo. C’è bisogno di aggiungere altro?
6-Tra le tante cose dette dall’accusa c’è anche quella che vede un Salvini “disperato” per la politica dell’immigrazione che non stava funzionando. Per questo avrebbe deciso la linea dura.
Anche in questo caso sono i numeri ufficiali a venirci incontro. Dal primo agosto 2017 al 31 luglio 2018, con Marco Minniti (Pd) al Viminale, gli sbarchi sulle coste italiane furono 42.700. Dal primo agosto 2018 al 31 luglio 2019, con Matteo Salvini titolare del ministero degli Interni, gli sbarchi furono appena 8.691. Poi col nuovo governo giallorosso, ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, dal primo agosto 2019 al 31 luglio 2020 sbarcarono in Italia 21.618. Vi pare che la stretta sull’immigrazione di Salvini non stesse funzionando? A noi pare il contrario.
7-L’accusa insiste molto sul fatto che la decisione di Salvini sia personale e non politica.
I fatti dicono, però, che una parte della magistratura reagì ai successi della strategia della Lega sull’immigrazione, in maniera scomposta. La testimonianza più chiara di questo sta nell’intercettazione telefonica nella quale il procuratore della Repubblica Paolo Auriemma dice «Mi spiace dover dire che non vedo dove Salvini stia sbagliando». Risposta dell’allora capo dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara: «No, hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo». Non ci resta che attendere le decisioni dei giudici di Palermo.
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