Atreju, il giornalista all'ingresso: "Scusi, lei si sente antifascista?". Sinistra disperata
Cronache da Atreju. Il grande catino del Circo Massimo sabato sera era brulicante di gente. Mangiavano panini, facevano capannelli, affollavano la pista di pattinaggio. Chi ha visitato le precedenti edizioni si accorge che stavolta Giovanni Donzelli ha voluto fare le cose in grande. Lo spazio della kermesse si è dilatato, così come l’importanza del partito che la organizza. Del partito e della sua leader, che incassa ogni giorno complimenti su complimenti. Ieri quelli di Milei e del presidente libanese Mikati.
Affollati anche i dibattiti politici. Quello con Giuseppe Conte è costellato da applausi. Lui fa il simpaticone, Mario Sechi cerca di metterlo alle strette («Ma lei è di sinistra o no?»), il pubblico si diverte. Sembra un altro Conte, assai diverso da quello ululante che alla Camera accusa la premier di essere una bugiarda. Nell’altra sala a parlare di Occidente arriva Gennaro Sangiuliano. Lo accolgono in piedi: «Gennaro, Gennaro». L’ex ministro appare persino emozionato. Visti da qui gli agitatori che di fuori si danno un gran da fare per incarnare la rivolta sociale predicata da Landini sembrano attori di una recita a soggetto. Poco credibili e poco convincenti.
Così come Elly Schlein che se ne va in Albania per contestare il protocollo sul trasferimento dei migranti. Da Atreju arriva la replica di Piantedosi: «Noi con l’Albania andremo avanti. Sono stato due giorni fa a Bruxelles, è l’elemento cardine dell’interesse delle politiche dell'Unione europea. Si rassegni chi pensa di mettere ostacoli».
In verità da Atreju la replica di tutti a una opposizione snervata e snervante è sempre la stessa: «Noi andiamo avanti». Avanti anche con la separazione delle carriere, fa sapere il ministro Nordio. Avanti con una premier – che parlerà stamattina – il cui prestigio internazionale non si discute. Altro che «mondo fatato» di cui favoleggia la leader dem Elly Schlein. È un mondo sereno, lontano dall’apocalittismo mediatico che a sinistra viene sbandierato a ogni occasione per dipingere l’Italia come un paese sull’orlo del baratro. Sereno ma consapevole che il bicchiere è ancora mezzo vuoto e che tantissimo resta da fare. Ma nuove idee si affollano a destra e la rendono più forte e consapevole: l’internazionale dei conservatori di cui parla Milei, per esempio, quando dice che lui, Meloni e Trump stanno sconfiggendo il «cancro socialista» della cultura woke. Un messaggio che ha il pregio della novità comunicativa, una «rivoluzione culturale» dice Meloni presentando l’ospite d’onore. Un linguaggio che le opposizioni di sinistra fanno fatica a capire incatenate come sono a slogan antichi.
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Un esempio? All’ingresso di Atreju ieri sera un giornalista fermava la gente chiedendo: «Scusi lei si sente antifascista?». Un refrain che va avanti dal 2022 e che ormai sta stancando anche chi vi si assoggetta. Il giornalista arrembante resta spiazzato da chi obietta: «Antifascista? Ma che vuol dire? È come semi chiedesse se sono antiborbonico o antinapoleonico». Non siamo più nel 1945 infatti. Qui c’è un partito che vuole intercettare la “destra diffusa” e che fa spallucce dinanzi alla consunta retorica che oppone i vinti ai vincitori di ottant’anni fa.
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