Andrea Delmastro, tutta la verità sul processo: gli atti non erano classificati
È un documento del Ministero della Giustizia che potrebbe scagionare il sottosegretario Andrea Delmastro, a processo per rivelazione di segreto d’ufficio sul caso Cospito. Se lui è colpevole, dice ai magistrati Giusi Bartolozzi, attuale capo di gabinetto del guardasigilli e all’epoca dei fatti vicario, «lo siamo tutti noi al dicastero». Perché gli atti, contenenti i colloqui in carcere tra l’anarchico Alfredo Cospito e altri detenuti, che Delmastro girò al deputato di Fdi, Andrea Donzelli, e che questi diffuse in Parlamento il 31 gennaio 2023, non erano né riservati né classificati. Da un documento intestato del capo di gabinetto, emegre infatti che pochi giorni dopo Bartolozzi accolse, con l’avallo delle strutture ministeriali, la richiesta dell’onorevole Angelo Bonelli di Avs di ottenere le relazioni sulle conversazioni tra Cospito e altri detenuti. Tutto lecito, visto che, nella sua veste di parlamentare, Bonelli fece formale richiesta di accesso agli atti, esercitando dunque quello che si chiama “sindacato ispettivo”.
E i contenuti degli atti consegnati dal ministero a Bonelli e successivamente al suo collega Angelo Grimaldi non erano, di fatto, coperti da segreto. Come per Delmastro. Le richieste sul caso Cospito «erano state presentate al gabinetto dagli onorevoli Bonelli e Grimaldi, si trattava di richieste di estrazioni di atti e di informazioni su note protocollate» ha affermato Bartolozzi nell’udienza al processo Delmastro. «Nella risposta non abbiamo fornito gli atti ma abbiamo dato le informazioni qualificandolo come atto di sindacato ispettivo atipico. Lo facevamo prima del caso Cospito e abbiamo continuato a farlo anche dopo: in due anni non ho mai dato atti a parlamentari». Inoltre, il fatto che non si tratti di documenti coperti da segreto è dimostrato anche dal meccanismo di trasmissione. Gli atti classificati infatti passano attraverso la cosiddetta “rete ponente”, un iter blindatissimo. Nessuno degli atti di Dalmastro è stato invece sottoposto a queste procedure. Senza contare che molte altre note del faldone Cospito sono state invece classificate come “riservate” e trasmesse, appunto, per “rete ponente”.
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Insomma, come quelle informazioni sono state consegnate lecitamente dal Ministero a Bonelli e Grimaldi, così Delmastro (deputato e dotato di sindacato ispettivo) poteva acquisirle e passarle (come ha fatto) a un altro parlamentare (Donzelli). Ma c’è un altro elemento che può far cadere le accuse. Sempre nell’ambito del processo Delmastro, al capo di gabinetto di Nordio è stato opposto il fatto che gli atti fossero qualificato come “lim div”, e cioè a “limitata divulgazione”. Una sigla che però non è sufficiente a connotare come riservato un documento. La dicitura a «limitata divulgazione» ha detto Bartoluzzi «è un nulla: l’informazione per essere riservata deve riportare la dicitura “classificata” e trasmessa per “rete ponente”». Insomma, l’impianto accusatorio contro Delmastro appare sempre più fragile. Fragilità di cui, forse, era consapevole la Procura che infatti chiese l’archiviazione per il sottosegretario, mentre il Gip ne dispose l’imputazione coatta.