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Alberto Di Rubba, chi risarcirà il leghista assolto dopo sette anni?

Francesco Storace
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Un altro perseguitato finisce il suo calvario con la giustizia. È il tesoriere della Lega Alberto Di Rubba che finalmente conclude positivamente in appello l’inchiesta che ha riguardato un filone della Film Commission in Lombardia. In secondo grado la decisione dei giudici è netta: «Il fatto non sussiste». Un verdetto chiarissimo che lascia ben sperare per la decisione in Cassazione sull’inchiesta principale e per favorirne anche lì il ribaltamento del giudizio di condanna.

Le accuse di peculato e fatturazioni false sono state seppellite nel caso relativo alla società Areapergolesi, appunto legato all’altra inchiesta. Nella vicenda finita ieri con l’assoluzione, Di Rubba in primo grado era stato condannato a 2 anni e 10 mesi. Con tante diffamazioni su giornali e tv e indagini che sembrava non dovessero finire mai. La condanna per Di Rubba a 2 anni e 10 mesi era arrivata in abbreviato nel luglio del 2023. Di Rubba, stando all’imputazione caduta in secondo grado, quando era presidente di Lombardia film commission, fu accusato di essersi appropriato, tra il 2015 e il 2018, di poco più di 38mila euro bonificati «da Lfc sul conto corrente di Ra.ma.tex spa», società proprietaria di immobili. Soldi che, secondo i pm, erano «pari al risparmio ottenuto» dalla società Areapergolesi «in virtù della riduzione del proprio canone di locazione» su quegli immobili e che era stato, in pratica, «accollato», secondo l'accusa, alla fondazione Lfc, ente pubblico partecipato dalla Regione Lombardia.
Ma ieri per queste accuse è arrivata l’assoluzione in secondo grado.

In Cassazione si deciderà con il nuovo anno per la tranche principale dell’inchiesta ed è probabile che la sentenza di ieri possa far breccia nell’ultimo grado di giudizio. Ovviamente, Di Rubba è assolutamente contento perla decisione dei giudici di appello e ha detto di non aver mai avuto dubbi «sulla correttezza del mio operato. È stata dura farsi largo tra pregiudizi e accuse infamanti, ma la verità ha una forza inarrestabile per chi la sa aspettare. Il mio pensiero va a quelli che non hanno avuto la forza di combattere per l’affermarsi della verità e a chi mi ha sostenuto in questi anni. Andiamo avanti più forti e convinti di prima», prosegue Di Rubba che aggiunge: «Un ringraziamento particolare a Matteo Salvini, che prima di tutti ha creduto in me chiamandomi a collaborare con un ruolo di grande responsabilità nella Lega».

Ed in effetti il segretario della Lega non ha mai smesso di sostenere l’innocenza del tesoriere della Lega, incarico che certo non gli avrebbe affidato se non fosse stato certo delle sue qualità morali. Certo è che si tratta dell’ennesima vicenda giudiziaria durata troppi anni prima di scagionare il presunto colpevole. Un ulteriore segno della necessità di riformare un sistema giudiziario che lascia davvero perplessità quando si assiste ad accuse che alla fine franano nei giudizi successivi. Il che, se è un segnale che alla fine si può vincere resistendo in tribunale, lascia però indubbie sofferenze nella vita di chi è imputato e di chi gli sta vicino.

È un tema che va affrontato con grande urgenza e serietà per far sì che ci si possa tornare a fidare della magistratura, se è vero come è vero che nell’opinione pubbliche ci sono ampie sacche di sfiducia verso una categoria che ricopre un ruolo di estrema delicatezza. Quando “il fatto non sussiste” vuol dire che si è indagato a vuoto, che si è perseguito qualcuno e non si doveva farlo, che le indagini restano macchiate dall’ombra della superficialità. Di Rubba ha avuto una sua forza interiore che lo ha portato a combattere in questi anni per la verità, ma come al solito nessuno pagherà per aver sbagliato. È questo l’andazzo che non va e che bisogna correggere in Parlamento.

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