Se la stampa "rossa" esalta Al-Jolani: il tagliagole è già diventato un leader "pragmatico"
Chissà se sarà prudente trascorrere il Natale a casa Jolani. Perché a leggere certa stampa pare che il nuovo capo della Siria, dopo la fuga di Assad, sia una specie di santo. Non tutti, ovviamente, si fidano. Ad esempio, il Corriere della Sera si è chiesto ieri che tipo sarà Al-Jolani: il qaedista che inneggiava all’11 settembre e prendeva ordini dall’Isis di al Baghdadi? Oppure il «radicale pragmatico» che otto anni fa rinnegò lo jihadismo globale, promise di «non colpire più le città europee per uccidere innocenti» e ad Aleppo, appena entrato, ha permesso ai cristiani di dire messa? Una domanda che ne sottende mille altre: chi sono e che cosa vogliono, questi nuovi padroni della Siria? E questa definizione di “pragmatico” ricorre nelle cronache e nei commenti. Con maggior vigore, enfasi, quasi entusiasmo nelle pagine di Repubblica, che ormai pare schierata dalla parte dei tagliagole, dando l’impressione di guardare con simpatia ai nuovi padroni di Damasco: «Inizia l'era di al Jolani, il miliziano pragmatico». Appunto.
«Da Al Qaeda a Idlib, ha modificato il proprio fondamentalismo». Sembra una persona perbene... Con tanto di esaltazione fotografica in una sequenza di immagini – barba lunga, barba corta, barba con sigaro – che lo portano a sembrare il sosia di Fidel Castro. Fra poco ci toccherà leggere che anche Al Qaeda, tutto sommato, ha fatto cose buone. È decisamente una nuova frontiera quella di Repubblica, addirittura per una sinistra che coltivava i suoi miti come il dittatore cubano. Paragonarlo al nuovo comandante siriano non dovrebbe però essere così agevole. E così risultano tutti meritati gli epiteti che il quotidiano ora affidato alle mani di Mario Orfeo: gli chiedono «perché non Guevara? Siate più ambiziosi: se volete proprio essere funzionali al racconto, fatelo come si deve.
Una vaga somiglianza col Cristo? Osate, osate!» è il coro dei twittaroli.
In pratica si vuole creare una specie di fondamentalismo moderato da accoppiare al sogno rivoluzionario: una cosa del genere – si arriva a scrivere fa più paura ai governi arabi che non i tagliagole dell’Isis. Ma ci credono davvero quando offrono ai lettori romanzi di questo tenore? Più moderato, ma di Repubblica, appare persino Il Domani che, pur servendo al lettore un quadretto di un capo abile a mimetizzarsi, scrive con qualche cautela: «Jolani — il cui nome significa “originario del Golan” — ha già abbandonato il suo nome di battaglia, firmandosi con il nome originario Ahmad Sharaa, tentando così di svestire i panni del fondamentalista islamico. Questa improvvisa metamorfosi, evidentemente gattopardesca, mira ad accreditarsi presso le cancellerie arabe del Golfo — le uniche nella regione ancora capaci di offrire risorse finanziarie significative per la ricostruzione del paese — e presso quelle occidentali, in particolare la futura amministrazione americana di Donald Trump».
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Farebbero bene tutti ad osservare maggior prudenza, come ad esempio si può apprezzare sul Messaggero: «Le intelligence e le università di tutto il mondo si interrogano sulla sincerità della sua abiura alla lotta globale jihadista all’Occidente e alle altre sette dell’Islam. E si chiedono se nel passaggio dall’opposizione al regime, dalla guerra contro Assad alla sua defenestrazione, e alla presa del potere a Damasco, vorrà rafforzare questa linea prudente. Oppure se il successo travolgente della sua avanzata, in pochi giorni per centinaia di chilometri conquistando il controllo di una città dopo l'altra, non lo spinga ancora oltre, a immaginare di sostituirsi al sogno dello Stato islamico o della Jihad senza confini di Al Qaeda». Occhio, anziché esaltarsi.