Dopo i silenzi, i soldi: da Schlein e Landini soltanto carezze ai vertici di Stellantis
Ieri Libero non ha mollato la presa sul Pd e sulla Cgil. E lo ha fatto perché pensare che la narrazione della Schlein e di Landini possa attecchire indisturbata è inconcepibile. Per questo andiamo avanti: tanto il Pd quanto la Cgil, tanto Elly quanto Maurizio si dovrebbero vergognare per la prolungata e silenziosa complicità con i vertici di Stellantis, una complicità che prima si concretizzava nel “non disturbare il manovratore” e ora nel “diamo loro altri soldi”. Assurdo.
Mario Sechi, nell’editoriale di ieri, ricordava il fallimento della favola “Northvolt”, grossa azienda svedese che avrebbe dovuto competere sul mercato delle batterie e che invece si è impastata nelle difficoltà di un settore dove non mancano gli alti costi e le contraddizioni. Northvolt è fallita, i due ex manager Tesla che speravano di scrivere la storia hanno dovuto portare i libri contabili in tribunale, e la Volkswagen ha bruciato un sacco di soldi. Ora, siccome il Pd e il sindacato rosso continuano con mezzi diversi a reggere bordone alla famiglia Elkann, cioé agli editori di Repubblica e Stampa, ecco l’uscita dei 4,6 miliardi da mettere sul piatto così, come ennesimo cadeau alla casa sabauda.
Dopo i silenzi sull'auto, l'ultima follia Pd: Schlein vuole regalare 4 miliardi a Stellantis
Ci voleva Montezemolo (Montezemolo!) a ricordare il prestito di 6,3 miliardi dato dal governo Conte 2 a Fca poco prima della fusione con Peugeot, un prestito che, per dirla con l’ex ad di Ferrari e Maserati, «un prestito con impegni precisi, totalmente disattesi. Denaro che lo Stato aveva erogato per difendere il lavoro, invece era stato utilizzato per una divisione di utili pari a 5 miliardi a favore dell’azionista». E dov’era “l’uomo in rivolta” Landini, sindacalista letterato? Con quale campagna di scioperi ribelli aveva reso le notti di Tavares e Elkann agitate? Non c’era, infatti Tavares ha proseguito senza attriti né contrasti nel suo metodo: ridurre la forza lavoro, strozzare il mercato alzando i prezzi quando la domanda cresceva e dividere con i soci la montagna di profitti generati. Questo fino a quando il cambio di paradigma ha lasciato in fuorigioco il manager con la sua strategia più finanziaria che industriale.
Ora Landini organizza gli operai Fiom e va in scena con la faccia da cattivo assieme alla sodale Schlein, tutti contro il governo come se Palazzo Chigi fosse il Lingotto. Che squallore. Nell’editoriale di ieri, il direttore di questo giornale ha ricordato cosa è stata Fiat, cosa ha significato nella storia dell’automotive italiano e non solo: abbiamo inventato la city car perché doveva essere la macchina del popolo e non un giocattolino urbano, così come le jeep (la Campagnola) e i suv (con la Panda); abbiamo ingegnato motori all’avanguardia; abbiamo saputo declinare utilitarie con macchine più di stile finanche i sogni a quattro ruote. Ora che vogliamo fare? Sindacato e partito hanno aiutato i “padroni” a far finanza a danno dei lavoratori; questo governo chiami all’ordine Elkann e dica a lui e ai suoi compari che i profitti a danno dei lavoratori e dei consumatori non saranno più ammessi.