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Autonomia, Luca Zaia smaschera la sinistra: "Le mistificazioni rosse smontate dalla Consulta"

Fabio Rubini
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Presidente Luca Zaia, alcuni giornali ieri mattina titolavano così: «Autonomia rasa al suolo» (Fatto Quotidiano) e «Così la Consulta affossa l’Autonomia» (La Stampa). Allora è davvero tutto finito? La guerra è persa?
«Viviamo in un Paese che mistifica la realtà. A casa mia, se quattro regioni fanno una denuncia e chiedono alla Corte Costituzionale di bocciare una legge e la Corte non la boccia, non si è raso al suolo nulla».

Partiamo da qui. Cos’ha detto la Corte sulla legge?
«La Corte non ha boccato la legge, anzi. Su 107 pagine di sentenza la Corte ha preso in esame 52 punti dei ricorsi di chi voleva bloccare la legge. Di questi 25 sono stati definiti “infondati”; su tredici la Corte non è nemmeno entrata nel merito, cioè non ha preso in considerazione le contestazioni; infine ci sono le 14 dichiarazioni di illegittimità sulle quali dovremo lavorare».

 

 

 

Concentriamoci su questi 14 punti che sono quelli su cui si basa la teoria “dell’affossamento”...
«Sono correttivi che si possono fare senza bisogno di stravolgere la legge. Ad esempio la Corte dice che dove si parla di “attribuzione di funzioni” è meglio parlare di “attribuzione di specifiche funzioni”. Quando nella legge si menzionano termini come “materie” o “ambiti di materie”, la Corte dice di sostituirli con il termine “specifiche funzioni”. Non mi sembra che i giudici abbiano voluto stravolgere la legge, anzi, a me pare che suggerendo anche come correggerla, abbia detto che l’Autonomia sta perfettamente e legittimamente in piedi».

Però dice che il Parlamento deve essere maggiormente coinvolto, ad esempio nella definizione dei Lep...
«La Corte ha sancito che il costrutto della legge è costituzionale e vanno fatte due considerazioni. La prima è che la Corte, proprio per rimarcare la legittimità della legge, ci dice che quando faremo l’Autonomia dovremo coinvolgere il parlamento che dovrà dire la sua. La seconda riguarda proprio i Lep. E anche qui finisce una grande mistificazione: non è l’Autonomia che li ha introdotti. È questo governo ad avere il merito di averli resi obbligatori, dopo 22 anni di precedenti chiacchiere. In questo caso la Corte ha detto: non li deve approvare il governo, ma il parlamento. Non mi pare una bocciatura e tantomeno un affossamento: un percorso diverso ma completo».

Subito dopo aver letto le motivazioni in molti hanno inneggiato all’unità d’Italia che la riforma avrebbe messo a rischio. È davvero così?
«Questa è la dimostrazione che in molti parlano senza aver letto la legge e nemmeno le motivazioni. La Corte nella sentenza interpreta il regionalismo non come un meccanismo che divide o frammenta il Paese, ma come un’opportunità per valorizzare le specificità territoriali, sempre nel quadro di una Repubblica unitaria e solidale. Le istanze delle Regioni allora non sono da trascurare, ma da accompagnare. Del resto Luigi Einaudi, l’1 gennaio del 1948, presentando la Costituzione, disse che si sarebbe dovuto dare “a ognuno l’autonomia che gli spetta”».

Altro cavallo di battaglia della sinistra: l’Autonomia penalizzerà una parte del Paese, il Sud. La Corte nelle sue motivazioni parla anche di questo?
«Sì e risolve una volta per tutte il problema dei finanziamenti. Dice, anzi scrive, che le Regioni non potranno aumentare le tasse locali per finanziare le funzioni dell’Autonomia. E scrive anche che è corretto creare una compartecipazione con lo Stato. Cioè: se ti serve 10 per gestire una funzione, io ti do 10. Insomma i giudici dicono che l’Autonomia non porta via risorse a nessuno».

Presidente, non teme che dover passare dal parlamento possa in qualche modo rallentare la legge, se non addirittura fermarla?
«Non voglio pensare a una cosa così. Altrimenti bisognerebbe fare un ragionamento più profondo sull’impossibilità di questo Paese a fare le riforme. Se per l’Autonomia si è scatenato questo putiferio, non oso pensare a cosa succederà quando arriverà in aula la riforma sul federalismo fiscale che, teniamolo a mente, fa parte di quel pacchetto di riforme che l’Europa ci ha chiesto per darci i fondi del Pnrr... cioè, non è che puoi scegliere di non farla...».

 

 

 

Si aspettava tutto questo ostruzionismo?
«Diciamo che non sono sorpreso. Del resto quella dell’Autonomia è una riforma che mette a rischio la comfort zone di molte persone. Questo perché, per usare le parole di Giorgio Napoletano (che non era certo un leghista...), “l’Autonomia comporta una vera assunzione di responsabilità” della classe politica. E noi viviamo un in Paese che ha 3mila miliardi di debiti, dove il destino dei bambini dipende da quale parte dell’Italia nasci e dove molti pazienti per farsi curare devono andare fuori regione. Questo è il fallimento del centralismo, non certo dell’Autonomia».

Altro quesito: con questa sentenza le intese sulle materie non Lep andranno avanti o subiranno uno stop?
«E perché mai dovrebbero fermarsi? No, andiamo avanti, ma le dico di più: visto che in questo Paese non è ancora un reato lavorare, noi andremo avanti a definire l’Autonomia anche per le altre materie».

La prima materia oggetto di devoluzione potrebbe essere la Protezione Civile. Anche qui, polemiche...
«Altra mistificazione. Mi spiega cosa c’è di così sconvolgente nel fatto che le regioni chiedano di coordinare direttamente la Protezione civile in caso di calamità dentro i confini regionali? Quando il 6 maggio 1976 ci fu il terremoto in Friuli, Zamberletti prese atto che l’Italia non era pronta ad affrontare emergenze come quelle. E cosa fece? Coinvolse gli enti locali e nacque la Protezione civile. Non capisco perché fino ad oggi era perfettamente normale, ma se chiediamo dei perfezionamenti, apriti cielo».

Sull’Autonomia ha anche scritto un libro: “Autonomia, la rivoluzione necessaria”. Perché lo ha fatto?
«Ho sentito l’esigenza di mettere in fila i punti essenziali di questa riforma. E l’ho fatto mettendomi nei panni del più scettico degli scettici, in modo da far capire alla gente, senza censure o reticenze, quello che succederà con l’Autonomia. Una riforma che, lo scrivo nel libro, o la fai per scelta o dovrai farla per necessità, perché prima o poi i conti con la realtà li devi fare».

Ultima domanda. La Lega sembra aver rimesso in primo piano il Nord e la questione settentrionale, senza abbandonare il progetto nazionale di Salvini. Corretto?
«Dobbiamo uscire dal retaggio della Lega del Nord contro il Sud. Quella è roba di trent’anni fa. Nord e Sud sono come gemelli siamesi, se muore uno, muore anche l’altro; se vive uno vive anche l’altro. Però dobbiamo anche guardare in faccia alla realtà: le due parti del Paese hanno necessità diverse, su temi diversi. Se il Nord chiede correttivi per aumentare il Pil ne beneficia anche il Sud. Se il Sud chiede correttivi, anche questi andranno a beneficio di tutto il Paese. Le due questioni, quella settentrionale e quella meridionale, si devono compenetrare e non contrapporre. Il Nord, che ha sempre generato gran parte delle risorse e aiutato tutti i territori, è il primo ad avere l’interesse che il Sud si sviluppi e risolva i suoi problemi. Con l’Autonomia inneschiamo un meccanismo virtuoso; lo dobbiamo ai ragazzi e alle nuove generazioni, del Settentrione e del Meridione».

 

 

 

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