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Per Romeo il 60% dei delegati lombardi della Lega

Fabio Rubini
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Alla faccia di chi vorrebbe una Lega agonizzante, la strada che porterà al congresso regionale della Lombardia - fissato per il prossimo 15 dicembre -, sta dimostrando che nel Carroccio c’è vita. Lo scorso fine settimana i militanti erano chiamati a votare per i delegati che tra quindici giorni dovranno votare il nuovo segretario regionale, che prenderà il posto dell’attuale commissario Fabrizio Cecchetti. Proprio dall’affluenza arriva il primo indizio di vitalità del movimento: «Nelle province si è registrata una partecipazione che va dal 60 all’80%», che in tempi di astensionismo dilagante è tanta roba. E infatti è lo stesso Cecchetti a chiosare: «Questa partecipazione elevata è un ottimo segnale di vivacità e vitalità della base leghista lombarda».

Ma come sono andate queste “primarie”? Qui la percezione cambia a seconda della parte da cui la si vede. Attualmente i candidati alla poltrona più alta della Lega in Lombardia sono tre: Massimiliano Romeo, Luca Toccalini e Cristian Invernizzi. A urne chiuse l’impressione è che la partita sia tra i primi due. Romeo, attualmente capogruppo in Senato, non parla. Leghisti a lui vicini, però, parlano di una suddivisione che lo vedrebbe con 60% dei delegati, contro il 30% di Toccalini e il 10% di Invernizzi. Dall’altra parte Toccalini parla di «numeri incoraggianti» e di un «sano testa a testa» e «un fatto che testimonia come questo conRomeo (LaP) gresso sia un’occasione straordinaria di coinvolgimento e partecipazione dei militanti che sono la colonna portante del nostro movimento».

 



Difficile capire quale campana suoni più intonata. Anche perché subito dopo il voto dei delegati è partita la fase che porterà al congresso. Matteo Salvini ha già detto di volersi spendere per arrivare a una candidatura unica, ma senza forzature. Fino ad oggi la scelta più gettonata dovrebbe essere quella di un tandem Romeo-Toccalini col primo segretario regionale e il secondo suo vice. Invernizzi al momento staccato, non avrebbe il peso necessario per entrare nelle trattative. La sua candidatura è vista dai più come «di disturbo». Occhio, però, se alla fine i candidati dovessero essere due o tre, per Salvini andrebbe bene ugualmente. Il segretario proverà a fare sintesi, ma non ha intenzione di imporla a tutti i costi. Se non si riuscirà a trovare un accordo, siano i militanti coi loro delegati a decidere chi dovrà guidare la Lega. Su una cosa sola Salvini non transigerà: chi vince dovrà avere rispetto per chi perde e chi perde dovrà fare altrettanto. Nel Carroccio d’ora in avanti non ci sarà più spazio per i capricci. La sintesi della due giorni l’ha fatta il governatore lombardo Attilio Fontana: «L’ho detto fin dal primo giorno. Qualunque sia la scelta, è una scelta positiva. Sono tre persone che rappresentano la Lega, tre leghisti veri. Per cui, evviva chi vincerà».

 

 

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