Ilaria Salis assolve i devastatori del Corvetto: "La miseria..."
«Verità per Ramy». Ma Ilaria Salis ha già risolto il caso. La colpa è della società, che ghettizza («razzializza», cit.) i ragazzi dei quartieri difficili e li spinge a prendersi quello che non hanno, delinquendo. Vecchia teoria per cui è il contesto a rendere criminali gli emarginati, non l’attitudine individuale. Che oggi torna a bomba, come esimente, per i quartieri multietnici delle grandi città. Non è crimine, ma ribellione. Se poi al governo c’è la destra, ciao: equilibrio perfetto.
L’eurodeputata di Avs, già anarchica, non ha voluto far mancare la sua riflessione sulla brutta storia del Corvetto. Salis sabato sera era alla fiaccolata pro Ramy, il ragazzo morto mentre scappava, sullo scooter guidato da un amico, dalla volante dei carabinieri, dopo aver forzato un posto di blocco. Un fatto di cronaca. Che in tempo zero diventa polemica politica. Con esponenti di alcuni partiti (sì, quelli) che non hanno dubbi nell'individuare vittime e colpevoli. Nella fattispecie, quest’ultimi indossano una divisa. «Il quartiere Corvetto è un luogo che conosco bene: un quartiere popolare, multietnico, proletario.
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Una delle periferie di Milano dove la vita di tutti i giorni non è una cosa semplice», scrive Salis su Facebook. «Se gli amici di Ramy e gli abitanti del quartiere non avessero protestato, nessuno avrebbe preso in considerazione la loro sacrosanta richiesta di verità e giustizia. Come successo in altre occasioni, forse non sapremmo nulla della dinamica della tragedia o, peggio, eventuali responsabilità sarebbero state facilmente insabbiate».
Ecco il complotto: «Questo accade soprattutto quando tragedie come queste colpiscono persone proletarie e/o razzializzate: persone i cui diritti sono regolarmente calpestati, le cui vite contano meno di altre. Persone prive del potere economico, politico o mediatico necessario per far valere le proprie ragioni. Quando queste persone provano a far sentire la propria voce, non stupisce che le reazioni siano tanto scomposte e cattive». In effetti, al Corvetto, la voce l’hanno fatta sentire forte. Bruciando autobus e devastando cose. Ma anche questo è opinabile, secondo l’eurodeputata, ex detenuta in Ungheria: «Le narrazioni tossiche e le campagne d’odio contro poveri e migranti hanno inquinato a tal punto l’opinione pubblica che non c’è da aspettarsi di meglio. Per quanto ci riguarda, sappiamo da che parte stare. Anche quando non è facile, anche quando non è conveniente. Non smetteremo di lottare per abolire le condizioni strutturali che determinano queste tragedie e per cambiare la narrazione».
E arriva la sentenza di assoluzione: «Vorremmo che nessuno, a causa della miseria e della mancanza di opportunità, fosse spinto a “rubare collanine” per tirare a campare. Vorremmo che non esistessero più quartieri dove la vita è più difficile che altrove. Vogliamo eguaglianza. Io non conoscevo Ramy, né so cosa abbia fatto quella notte. Ciò non mi impedisce di pretendere verità e giustizia».
Sull’argomento ritorna anche Matteo Salvini: «Ci sono delle minoranze che sono un problema, c’è il tema delle baby gang che ormai è un’emergenza nazionale e l’aumento delle forze dell’ordine è solo una delle risposte, insieme all’aumento degli insegnanti», il vice premier commenta a Radio24 i fatti di Corvetto.
«Ho apprezzato enormemente le parole di equilibrio della famiglia di Ramy, non ho apprezzato chi dà fuoco ai cassonetti. Sono una minoranza che va isolata». Salvini solidarizza con le forze dell’ordine: «Non siamo nel far west con la polizia che insegue persone a caso. Di fronte all’alt di una pattuglia, ti fermi. Ramy non era alla guida, c’era il suo amico, però è chiaro che se scappi da polizia e carabinieri ti metti a rischio».