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Maurizio Landini ci rovina il Natale: pronti altri 15 scioperi nel mese di dicembre

Pietro Senaldi
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Il mese di dicembre che inizia oggi ha quindici giorni lavorativi. Più lunedì 23, antivigilia di Natale. Ebbene, il sindacato ha in programma quindici scioperi, un en plein. Il numero da segnare in rosso sul calendario è il 13, venerdì, tanto per cambiare, giorno per il quale Maurizio Landini ha indetto un nuovo sciopero generale, a distanza di due settimane da quello appena fatto. Tredici è anche il numero delle astensioni dal lavoro annunciate nel settore aereo, dove la data calda è quella di domenica 15, mentre lunedì 9 tocca al settore merci.

La replica dello sciopero generale avviene malgrado in tanti, anche da sinistra, abbiano stroncato quello di venerdì scorso; sia per le motivazioni, un elenco di tematiche generali, che di fatto è una garanzia di restare a mani vuote, sia per i toni incendiari usati dal segretario della Cgil, e ribaditi malgrado gli scontri in piazza, sia per la sua inefficacia, visto che il governo non è stato messo in difficoltà e non concederà nulla. E allora perché questa insistenza su una misura estrema? Perché la Cgil protesta contro una manovra che ha portato il taglio del cuneo fiscale al 6% e al 7% per i redditi più bassi e ha stabilizzato la fiscalizzazione degli oneri sociali, come chiedeva il sindacato? 

 

LA TECNICA DEL RILANCIO
È la strategia del rilancio, la tecnica che si usa nel poker quando non si ha nulla in mano e si vuole evitare che qualcuno sveli il bluff; nel caso di specie, che possa domandare cosa ha ottenuto in cambio di un giorno di stipendio perso.

Dopo uno sciopero generale che Landini ha dichiarato un successo, malgrado ci sia stata un’adesione media del 7%, con picchi minimi dell’1-2% nella scuola e nella sanità, settori dove la Cgil la faceva da padrone, il segretario deve indirne subito un secondo per evitare che gli venga chiesto conto del primo. Abbaiare più forte, alzare il livello dello scontro è il solo modo per nascondere il fatto di aver perso. Strategia del rilancio, o del bullo con i muscoli sgonfi.

Sciopero ergo sum, è l’equazione esistenziale di Landini. In sei anni di mandato non ha ottenuto nulla in termini di politica retributiva, welfare, contrattazione collettiva, peso politico. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha appena elaborato un piano di rilancio economico con le altre Confindustrie europee, gli ha aperto la porta al dialogo, a patto di trattare seriamente, ma il segretario della Cgil non gli ha neppure risposto. Il sindacato scende in piazza per la pace, contro i centri per immigrati in Albania e l’autonomia regionale, per la sanità, ma è fuori da tutte queste partite. Quindi sciopera perché non può e non sa fare altro e usa toni politici anziché sindacali in quanto ormai è la politica a ispirarne le mosse. 

 

LA SFIDA ALLA SINISTRA
E a proposito di politica, a ben vedere, il bersaglio del sindacalista non è soltanto la maggioranza. Certo, la Cgil agita le piazze perché sa che il caos, il disservizio, l’esplosione della tensione sociale, sono la sola buccia di banana su cui può scivolare il governo. Ma il Landini barricadiero che alza la voce non è un messaggio agli elettoti del centrodestra, bensì alla sinistra e a Ely Schlien, costretta a sfilare in corteo al suo fianco per tentare di disinnescarlo. Quando invoca la rivoluzione, la Cgil mette in mora (oltre che in imbarazzo) il Pd, dicendo ai suoi elettori che esso non è in grado di tutelarli.

Tra tre anni termina il mandato del segretario, e non sarà più rinnovabile. Il destino degli ex sindacalisti è finire nel dimenticatoio, i più fortunati dopo un passaggio in Parlamento; è capitato perfino a Sergio Cofferati e Susanna Camusso, i predecessori di Landini. Le elezioni ci saranno, se tutto va come deve, proprio a ridosso della scadenza e potrebbero essere l’occasione per un buon prepensionamento, visto che la sfida del sindacalista ormai è persa. Vorrebbe condizionare la politica standone al di fuori ma il suo più grande effetto è stata la spaccatura dell’unità sindacale.

Matteo Salvini, che la Cgil considera il nemico numero uno, ormai utilizza il sindacato rosso quando vuole risalire nei sondaggi, attaccandolo. «Sono soddisfatto di avere garantito a milioni di italiani di poter viaggiare con i mezzi pubblici» ha dicharato il leader leghista all’indomani del primo sciopero generale. «Sono pronto a intervenire ancora per aiutare i cittadini» ha promesso ieri all’annuncio delle imminenti agitazioni prenatalizie.

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