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Sergio Ramelli, se un francobollo irrita l'Anpi e "Repubblica"

Alberto Busacca
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Attenzione al “fascismo postale”. È questa l’ultima frontiera dei progressisti di casa nostra. Che adesso se la prendono perfino con un francobollo dedicato alla memoria di Sergio Ramelli. Succede, in pratica, che il 29 aprile 2025 uscirà un francobollo di Ramelli in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte. Morte, giova ricordarlo, avvenuta quando aveva solo 18 anni in seguito a un’aggressione a colpi di spranga compiuta da un commando di Avanguardia operaia, che l’aveva messo nel mirino in quanto militante del Fronte della gioventù e quindi fascista. Ora, è difficile crederci ma da sinistra hanno criticato pure questa decisione. Su Repubblica è uscito un articolo intitolato “Da El Alamein a Ramelli, i francobolli nostalgici di Urso diventano un caso. La protesta dell’Anpi”.

Quella di Ramelli, si legge nel pezzo, è «una vicenda oggettivamente triste, un esecrabile omicidio che si inserisce nella complessità di un periodo storico drammatico, con l’estremismo nero che stava e avrebbe insanguinato ancora il Paese». Insomma, è un po’ colpa anche dei fascisti... Non solo. «Il ricordo di Ramelli è diventato un’occasione per la legittimazione di un’intera area politica. Otto giorni fa Porta a Porta dedicava tre quarti d’ora di puntata al caso Ramelli, accostando le violenze dell’epoca alle proteste studentesche degli ultimi giorni contro il governo».

 

 

Già, il governo. «Sulla memoria la destra al potere ha le idee chiare: dai voli di Stato di vari ministri per omaggiare la battaglia dell’esercito italiano alleato dei nazisti a El Alamein all’emissione di altri francobolli dedicati a personaggi collusi col fascismo, antisemiti e squadristi». Iniziamo col dire che i morti di El Alamein sono sempre stati celebrati da tutti. A partire da due presidenti della Repubblica come Carlo Azeglio Ciampi e Sergio Napolitano che di sicuro non erano di destra. Da quando c’è la Meloni a Palazzo Chigi, però, la sinistra ha iniziato a disprezzare quei soldato in quanto «alleati dei nazisti». Ma questa è un’altra storia...

Torniamo a Ramelli. E veniamo all’Anpi, che ovviamente non poteva non entrare nella polemica. «Perle stragi del 1974 di Brescia e del treno Italicus», ha detto il presidente dell’associazione, Gianfranco Pagliarulo, «non è stato fatto alcun francobollo». Così come, secondo lui, sarebbe stata dimenticata pure la strage di Bologna. Ecco, questo non è vero, perché per le due stragi del 1974 sono stati emessi quest’anno due francobolli commemorativi. Mentre quello per la strage di Bologna è stato fatto nel 2020. Ma Pagliarulo continua: «Qui non è in discussione la gravità dell’assassinio efferato di Ramelli. È in discussione la strumentalizzazione di quella morte, un tentativo di ridisegnare gli anni Settanta in un modo che non corrisponde alla realtà. Non ha senso fare un francobollo su Sergio Ramelli, su cui è stato istituito una sorta di culto neofascista, in mancanza di iniziativa di “memoria postale” rispetto ad altri eventi gravissimi che sono avvenuti in quella fase storica».

Insomma, anche se i francobolli per le altre stragi ci sono già, quello per Sergio l’associazione dei partigiani non lo vuole proprio. Ma perché, visto che non si tratta di un «personaggio colluso col fascismo», né di un «antisemita» e nemmeno di uno «squadrista»? La risposta è semplice: ricordare Ramelli vuole dire ricordare che in quegli anni c’era un antifascismo che i suoi avversari li ammazzava a sprangate in testa. E questo, evidentemente, a Pagliarulo dà fastidio. Eppure una volta non era così. Quando Ramelli morì, ne parla Nicola Rao nel suo libro Il tempo delle chiavi, Sandro Pertini, partigiano duro e puro e all’epoca presidente della Camera, mandò un messaggio di condoglianze alla famiglia. Lui, che il fascismo lo aveva combattuto davvero, non aveva nessun imbarazzo a ricordare un ragazzo missino ammazzato dagli estremisti rossi. Ma che ne sanno i suoi sedicenti eredi partigiani...

 

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