Bettini, il comunista che sussurra a Giuseppe Conte
Ha Goffredo Maria Bettini, 72 anni compiuti una ventina di giorni fa e festeggiati a Roma con quella che lui chiama affettuosamente la famiglia o comunità “asiatica”, della sua amata Thailandia, è uomo abbondante anche di pensieri e consigli. Che dispensa generosamente a tutti, e non solo ai suoi compagni del vecchio, scomparso Pci e di tutte le formazioni politiche che ne sono derivate dopo il crollo del muro di Berlino. E gli aggiornamenti anagrafici e simbolici cominciati con la quercia adottata come simbolo da Achille Occhetto deponendo ai suoi piedi la falce e il martello di memoria storica.
Non tutti i consigli di Bettini, in verità, sono risultati utili ai suoi destinatari, almeno per gli effetti prodotti, o per l’uso fattone dagli interessati. Il più sfortunato dei quali è stato forse Walter Veltroni, durato meno di un anno e quattro mesi come segretario del Pd da lui stesso fondato nel 2007 con esponenti provenienti dal già menzionato Pci e dall’estinta, anch’essa, Democrazia Cristiana.
FUNZIONARIO DI PARTITO
Ma le disavventure o delusioni non hanno mai scoraggiato più di tanto come consigliere o allenatore il simpatico Bettini, tornato in quelle vesti sempre alla carica come “funzionario di partito”, quale si è dichiarato alla voce “professione” in tutte le biografie parlamentari e ora internettiane. Orgogliosamente funzionario di partito, ripeto, con diploma di liceo scientifico. E passione culturale e cinematografica, oltre che politica.
Da scopritore di talenti Bettini seppe conquistarsi e a sua volta conquistare l’attenzione e l’amicizia di Giuseppe Conte nella sua seconda esperienza a Palazzo Chigi, consentitagli dopo la rottura con i leghisti dal Pd guidato da Nicola Zingaretti. E stimolato a sorpresa, in quel passaggio, dall’allora ancora iscritto ed ex segretario Matteo Renzi.
PUNTO DI RIFERIMENTO DEM
Liberatosi della compagnia, alleanza e simili con la Lega che lo aveva reso inviso alla sinistra, peraltro già scottata nel 2013, al loro esordio parlamentare, dai grillini che avevano rifiutato l’appoggio esterno ad un governo di “minoranza e di combattimento” proposto loro dall’allora segretario del Pdi Pier Luigi Bersani; liberatosi, dicevo, della compagnia leghista, Conte si guadagnò proprio da Bettini i gradi, diciamo così, del “punto di riferimento più alto dei progressisti”.
Adesso forse l’ormai ex presidente del Consiglio, e presidente di un Movimento 5 Stelle giù di tono elettorale, appare meno alto anche a Bettini. Che tuttavia, ribadendo posizioni già assunte nelle scorse settimane in una intervista al Quotidiano Nazionale composto dal Giorno, Resto del Carlino e Nazione, in ordine rigorosamente geografico di stampa e diffusione, ha voluto riconoscere e sottolineare l’appartenenza dell’amico al campo progressista proclamata anche nello scontro scoppiato con Beppe Grillo, fondatore, garante, consulente, elevato e quant’altro del movimento. Proclamata a tal punto da dichiararsi ponto alle dimissioni se dovesse risultare in minoranza in quella specie di congresso, chiamato assemblea costituente, in corso.
Nella sua generosità, e voglia anche di protezione di Conte, e di quel che dovesse rimanergli del movimento, dal rischio avvertito sotto le 5 stelle di una fagocitazione da parte di un Pd in ascesa elettorale, con o senza l’aiuto del forte calo dell’affluenza alle urne, Bettini si è spinto oltre la siepe dei numeri.
IL COMBATTENTE
In particolare, egli ha detto che, per quanto il movimento pentastellato abbia «subito un colpo alle ultime Regionali», in Emilia-Romagna e in Umbria, «da mesi continua a collocarsi attorno all’11% nei sondaggi politici nazionali». «E poi Conte ha insistito- è un coriaceo combattente». Ma i sondaggi hanno un valore ancora più virtuale del solito dopo l’ultima verifica elettorale a livello nazionale, risalente al voto europeo di giugno, in cui il movimento ormai ex grillino è andato sotto il 10 per cento. Per un punto Martin perse la cappa dice, sia pure per un altro verso, un vecchio proverbio. Ma i punti sono ben più di uno, anche se il coriaceo, pure lui, Bettini li liquida a livello “regionale”. In Emilia-Romagna il 43 per cento del Pd è ben più di dieci volte superiore al 3,6 del movimento di Conte. Che è in natura, direi, un cespuglio.