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Il rebus lombardo-veneto: i tre scenari possibili

Pietro Senaldi
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 In Lombardia si voterà nella primavera 2027 e in Veneto nell’autunno 2025, anche sei bene informati scommettono che l’appuntamento slitterà al 2026, dopo le Olimpiadi invernali di febbraio, a Cortina. C’è tempo, ma sui giornali è già d’attualità il supposto braccio di ferro tra Fratelli d’Italia e Lega sulle candidature. Ne parlano di più quelli che ne sanno meno, ossia le testate vicine alla sinistra, descrivendo duelli stile “Mezzogiorno di fuoco”.

È opportuno quindi fare chiarezza: la premessa è che anche i più informati, nei partiti, non sanno come finirà. La fotografia della situazione, per ora, è questa. Matteo Salvini ieri ha parlato, esprimendo tre concetti: la Lega vuol tenersi il Veneto, insisterà per un via libera al terzo mandato per i governatori, si deve lavorare a un election day, un giorno in cui riunire tutte le consultazioni, per non sfinire gli elettori. Quel che il capitano leghista non ha detto è che Giorgia Meloni pretende una regione tra Lombardia e Veneto e che, siccome ha ampiamente superato la Lega in entrambe le regioni, andrà accontentata.

 

 

 

IPOTESI SLITTAMENTO

La data dell’election day sarebbe ottobre 2025 per Campania, Puglia, Marche, Veneto, Toscana e Valle d’Aosta, ma difficilmente andrà così. Quasi tutti sono propensi a slittare l’appuntamento alla primavera 2026: la maggioranza per avere un anno di navigazione senza responsi locali che a livello nazionale vengono trasformati in giudizi universali, i consiglieri regionali per guadagnare qualche mese in più di stipendio, la sinistra perché governa in quattro Regioni su sei e Matteo Ricci, il potenziale candidato del Pd nelle Marche, è stato eletto a Bruxelles solo da cinque mesi. È allo studio quindi una legge per posticipare le urne. Unico timore: il ricorso di qualche candidato che potrebbe vanificarlo. In ogni caso, il Veneto pare destinato a slittare al 2026.

Nello statuto della Regione c’è già una norma che prevede questa possibilità, che peraltro consentirebbe di sminare il caso Luca Zaia, governatore in cerca di terzo mandato. Lo slittamento avvicinerebbe nel tempo la consultazione veneta a quella lombarda, rendendo più semplice trovare un accordo tra gli alleati. Alla partita Regionali è connessa quella dei capoluoghi: sia a Milano sia a Venezia si dovrebbe votare nella primavera 2026. Ecco i tre scenari possibili.

 

 

 

1) Veneto a Fdi. I meloniani sono il primo partito per distacco nella Regione. Hanno ottenuto il 32% alle Politiche del 2022 e il 37% alle Europee di giugno. Inoltre sono convinti di avere una classe dirigente locale ormai pronta. Potrebbero puntare i piedi, offrire a Luca Zaia la candidatura a Venezia, lasciare la Lombardia, la terra di Salvini, Bossi e Maroni, alla Lega e concordare con il capitano un candidato civico per Milano. I potenziali governatori di Fdi sono due: il senatore Luca De Carlo, sindaco di Pieve di Cadore e l’eurparlamentare vicentina Elena Donazzan. Il primo è vicino alla Meloni ma non è fortissimo sul territorio. La seconda è una potenza locale ma è debole nel paritto, che quindi difficilmente farebbe battaglie epiche per lei. Il leader leghista dovrebbe a questo punto gestire il trauma veneto, ma per lui sarebbe vitale tenere la Lombardia, che ha il doppio degli abitanti. C’è però il rischio concreto che Zaia, che alle scorse Regionali ha ottenuto il 77% dei consensi, si imbizzarrisca e presenti la propria lista, candidando il sindaco di Treviso, Mario Conte contro la sinistra e Fdi. A quel punto, Salvini non potrebbe non sostenerlo e il centrodestra si spaccherebbe.

2) Veneto alla Lega. Anche se in politica vale la regola per cui è meglio un uovo oggi che una gallina domani, Fdi potrebbe decidere di rimandare l’incasso e puntare alla Lombardia, dove il partito è più compatto. La rinuncia premierebbe una Lega che, seppure in calo nelle votazioni nazionali, nelle amministrative resta l’assopigliatutto, con 159 sindaci (con un saldo positivo di più 25 e un tasso di riconferma del 95%). A Milano si continuerebbe a lavorare in comune accordo per individuare un civico e Venezia andrebbe a Zaia, se la vuole, o al deputato meloniano Raffaele Speranzon. Per la presidenza la Lega si troverebbe a dover decidere tra il segretario regionale Alberto Stefani, vicino a Salvini, e Conte. Ma l’anno dopo al capitano toccherebbe tenere buoni i suoi in Lombardia.

 

 

 

3) Terzo mandato a Zaia. È l’ipotesi più improbabile. La Lega ha proposto il terzo mandato tre volte e non è mai passato, per i no di Fdi, Forza Italia e Pd. Fratelli d’Italia però ora non ha più una posizione rigida. Zaia è ancora convinto di riuscire a spuntarla. Se ce la facesse, il centrodestra lo appoggerebbe in blocco, per Venezia sarebbe in pole position Raffaele Speranzon e a Fratelli d’Italia andrebbe anche la Lombardia. Per Milano invece prenderebbe quota la candidatura di un civico, appoggiato da tutti. Sempre che gli alleati non convincano Salvini a convergere su Maurizio Lupi di Noi Moderati.

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