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Maurizio Landini tiene in ostaggio l'Italia perché vuole la guida dell'opposizione

Daniele Capezzone
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Ma, alla fine della storia, chi è Maurizio Landini? Chi è – voglio dire – per pensare di poter tenere gli italiani in ostaggio? Chi è per trasformare i prossimi giorni in una vera e propria settimana di passione per milioni di persone normali che devono andare a lavorare?

E soprattutto: chi è per potersi permettere il lusso di concepire questa strategia della paralisi per un evidente scopo politico? Solo gli ingenui, infatti, possono credere alle rivendicazioni formali della Cgil (e della Uil al rimorchio) nel momento in cui l’occupazione è ai massimi, e quando – per la seconda legge di bilancio consecutiva – i benefici più consistenti decisi dal governo sono stati previsti proprio per le fasce di reddito più basse, cioè teoricamente quelle che dovrebbero stare maggiormente a cuore al sindacato.

 

 

 

E allora è evidente che l’obiettivo del signor Landini è tutto politico: creare il caos, paralizzare il paese, fermare l’Italia. Per poi buttare addosso al governo un’inevitabile ondata di malcontento. Così facendo, il capo della Cgil conta di diventare il leader di fatto di un’opposizione debole, con il quartetto Schlein-Conte-Bonelli-Fratoianni che si farà docilmente trainare e dominare. E con i partiti del campo largo che otterrebbero in cambio, grazie alle chiassate e alle piazzate sindacali, una buona occasione per creare difficoltà al governo. Sulla pelle degli italiani, ovviamente.

Se le cose stanno così, e a me pare che non ci siano dubbi al riguardo, occorre battere – culturalmente e mediaticamente – questa “operazione caos”, innanzitutto demistificando un racconto viziato e distorto.

Lo sciopero è certamente un diritto costituzionale, nessuno si sogna di discuterlo: ma un conto è il diritto di sciopero, altro conto sono le modalità del suo esercizio, specie nei servizi essenziali e in generale nel settore pubblico.

 

 

 

Diciamolo in modo ancora più chiaro: vanno rispettati pure i diritti dei cittadini che non scioperano, che devono lavorare e semmai rischiano di essere vittime delle scelte altrui. Non sono forse lavoratori anche gli utenti dei mezzi pubblici, quelli che devono spostarsi, i pendolari? Non sono lavoratori anche i dipendenti del settore privato? E non sono persone da rispettare anche gli imprenditori, gli autonomi, le partite Iva? Ai loro diritti chi ci pensa? A meno di considerarli tutti cittadini di serie b.

LA CONTROMOSSA
A maggior ragione in questo caso, quando è evidente – come abbiamo visto – il carattere tutto politico e strumentale dell’agitazione promossa da Cgil e Uil, non a caso annunciata prim’ancora che fosse presentata la legge di bilancio: un esempio più unico che raro di “sciopero a prescindere”, per di più accompagnato da irresponsabili evocazioni di “rivolta sociale”.

In questo senso, è molto positivo il preannuncio del ministro Matteo Salvini, che ha anticipato l’intenzione di precettare tutto il precettabile, e cioè di voler fare il possibile – nel rispetto delle leggi e dei diritti sindacali – per minimizzare i danni nei confronti degli italiani. Lo faccia, non abbia timore: riscuoterà consenso e apprezzamento.
Su un altro piano, sarebbe poi auspicabile che la maggioranza – per il futuro – procedesse per via legislativa contro la possibilità di scioperare di venerdì. È l’ora di cambiare questo menu indigesto: giovedì, gnocchi; sabato, trippa. E venerdì (o lunedì)? Sciopero!

Esiste infatti un elemento costante, una regolarità matematica, una certezza assoluta tra i mille dubbi che caratterizzano le nostre povere vite: lo sciopero arriva sempre e comunque di venerdì o di lunedì (o eventualmente in data prefestiva o postfestiva). Sarà una coincidenza, sarà un caso, ma l’effetto di allungamento del weekend è garantito.

 

 

 

I RIMEDI DA ADOTTARE
Per questo, oltre ad altri sacrosanti accorgimenti (gli scioperi dovrebbero essere autorizzati soltanto se la maggioranza dei lavoratori vota a favore, perché non può essere una minoranza a decidere), è venuto il momento di porre fine a un andazzo insopportabile: nel settore pubblico deve esserci divieto di sciopero il venerdì, il lunedì e tutti i giorni prefestivi e postfestivi. Come si vede, si tratta di elementi di minima ragionevolezza: niente weekend lungo, no alle giornate cruciali, maggioranze più impegnative ed elevate per indire sciopero, restrizioni nell’ambito dei servizi essenziali.

È una sfida per tutti. Ci sono un governo e una maggioranza che vogliono dare segni di cambiamento, aiutando l’Italia a voltare pagina: questo è esattamente il terreno su cui un cambiamento profondo sarebbe necessario e atteso. Anche psicologicamente: per mostrare che i cittadini non sono ostaggi che il Landini della situazione possa pensare di sequestrare e poi rilasciare a piacere.

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