Pietro Errede, il caso del giudice insultato dai pm arriva in Parlamento
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio sarà presto chiamato a fornire spiegazioni su come è stato possibile che i pm della Procura di Potenza ed i finanzieri del Nucleo di polizia economica finanziaria di Lecce abbiano denominato, con l’indicazione “pecorina”, i file delle intercettazioni telefoniche eseguite a carico del giudice pugliese Pietro Errede (coinvolto in una indagine per violazione delle norme sull’affidamento degli incarichi, ndr) e non invece con il generico “brogliaccio”, termine utilizzato per tutti gli altri coindagati del procedimento.
«Voglio capire per quale motivo nel 2024 termini volgari ed omofobi finiscano tranquillamente negli atti giudiziari», ha affermato il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto, componente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, annunciando la presentazione di una interrogazione parlamentare al Guardasigilli.
Come raccontato ieri da Libero, a scoprire questa “disparità” di trattamento era stato lo stesso Errede, il cui orientamento sessuale era ben conosciuto dagli inquirenti, al momento del ritiro degli atti la scorsa primavera. Errede, per il quale vale ovviamente la presunzione di non colpevolezza, aveva subito chiesto spiegazioni. «È chiara la portata discriminatoria e omofoba di quanto accaduto dal momento che il termine “pecorina” si presta ad una sola interpretazione. Aver allora connotato in modo così volgare ed ultronea il mio orientamento sessuale non ha alcuna finalità investigativa tranne quella del dileggio», sottolinea Errede, il quale la scorsa settimana ha anche citato in giudizio lo Stato per responsabilità civile dei colleghi in quanto per tutti è ormai “pecorina”.
"Pecorina". Insulti a sfondo sessuale dal pm contro il giudice: scandalo in magistratura
Per interrompere la gogna, il magistrato aveva presentato una formale istanza al procuratore della Repubblica di Potenza Francesco Curcio, ora promosso procuratore di Catania, in qualità di responsabile delle indagini. «Il tema però non è la cancellazione o meno: quel termine infatti non doveva proprio essere scritto», prosegue Errede. Per contribuire a fare chiarezza su questa imbarazzante vicenda, Errede ha poi inoltrato una nota al Consiglio superiore della magistratura. «Anche io, prima di fare il giudice, ho fatto il pm. Non è possibile che chi ha avallato condotte simili resti impuntito», puntualizza Errede. «Purtroppo - conclude - ad oggi non ho ricevuto neppure un messaggio di scuse, né dai colleghi e né dai finanzieri».